La clinica deserta aveva l’aspetto sinistro e magnetico tipico della notte, Matteo attraversò sicuro il lungo corridoio illuminato dalle luci bianche dei neon ed entrò nel suo studio: accese la lampada piccola, si sistemò in poltrona e decise che di esaminare le sue carte non ne aveva la minima voglia; mise allora il cd di Lennon nel piccolo lettore e selezionò a ripetizione la sua preferita; da un cono in ombra nell’angolo della stanza una voce bassa simile ad un sussurro augurava Buon Natale e Buon anno for black and for white, for the yellow and red ones let’s stop all the fight, mentre lui si addormentava pian piano, con i soliti brividi lungo la schiena e il solito pensiero di Rebecca e di quel film senza finale nella testa.
Passò una manciata di tempo indefinita, cullata dalle note basse di quella canzone, poi un rumore violento accompagnato da sospiri mal soffocati lo fece sussultare svegliandolo di colpo; sulle prime non capì cosa stesse succedendo, poi riconobbe una voce: era Maddalena che stava facendo l’amore nella stanza accanto: “Hai capito Giacomo …e bravo collega” pensò “… hai mantenuto la promessa eh eh, …certo però che quella delle donne è proprio un’ossessione… incapace di stare senza, neanche per una sera…chissà poi perché portarsela qui in studio e non a casa…”.
Decise subito di rivestirsi e andarsene, poiché situazioni simili gli creavano sempre una sorta di molesto disagio cozzando contro la sua natura riservata, si affacciò sul corridoio deserto e vide che non c’era un benché minimo segno di vita a parte una sottile lama di luce che filtrava da sotto la porta dello studio di Giacomo, le voci si attutirono, poi qualche rumore indistinto ed un grido, secco e terribile che gli ghiacciò il sangue d’improvviso.
Rimase qualche istante come paralizzato da una paura fredda e strisciante che gli penetrò nel corpo e non appena si riebbe si precipitò nella stanza accanto.
Lì c’era Maddalena, morta: semivestita e bella come al solito, con solo una ferita netta e precisa sotto il seno sinistro.
Si guardò intorno, atterrito, non c’era nessuno, soltanto il cadavere, alcuni indumenti per terra, due bicchieri vicino al computer e l’armadio dello schedario semiaperto; non capiva, ma sentì il sudore gelido ferirgli il corpo come una lama, si voltò su se stesso senza sapere cosa fare, cercando qualcuno o qualcosa, cercando di capire il senso di una verità che sentiva avvicinarsi carica di un orrore che lo atterriva, fece qualche passo, poi una macchia di colore da dentro l’armadio sembrò come richiamarlo: si fece avanti e sullo scaffale di mezzo, tra tanti oggetti, perlopiù femminili, una grossa scatola arancione con un nastro di velluto blu ed un biglietto con scritto chiaro il suo nome. La aprì, c’era un bellissimo Borsalino marrone chiaro a tesa larga e sul biglietto …per la mia testa calda. Auguri di cuore. Rebecca.
Serrò istintivamente gli occhi in una smorfia di quel dolore che non riusciva a gridare, ed ecco che questa volta gli comparve nitido il finale del film: ecco Rebecca che aspetta sul muretto fumando e guardando di continuo l’orologio, ecco Giacomo che finisce il turno, esce, la vede, non trattiene l’impulso di essere galante, la saluta e la invita ad aspettare dentro, magari nel suo studio così possono scambiare quattro chiacchiere, è tardi, non c’è già quasi più nessuno, Rebecca si accomoda, appoggia i regali, forse beve qualcosa e…
Non fece in tempo a continuare, o forse non volle, che si sentì una presenza alle spalle, si voltò di scatto, e Giacomo era lì, serio come Giacomo il buffone non lo era mai stato prima; non si dissero nulla, d'altronde tra loro non ce n’era bisogno, forse capì soltanto quando sentì una lama piccola e affilata penetrargli all’altezza del cuore. Fissò il suo assassino negli occhi da quella distanza millimetrica e gli parve di riuscire per la prima volta a vederlo davvero; restò immobile qualche istante come a voler trattenere un ultimo respiro ed un ultimo attimo di vita, poi si accasciò aggrappandosi all’amico, in un gesto indefinito e sospeso tra la disperazione e il perdono.
Buon Natale e Buon anno continuava a sussurrargli una voce da un angolo in ombra della stanza accanto.
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