Si incamminarono per il corridoio entrambi con la testa bassa e la mani dietro la schiena come da bambini ai tempi della colonia, sì perché proprio da bambini era nata la loro amicizia, forte e solida, di quelle che non vanno mai ribadite perché non ce n’è bisogno, di quelle che quando stai male o c’è qualcosa che non va non serve dire nulla, ma Giacomo il buffone incapace di stare serio o Matteo, paziente e rassicurante ci sono, lì pronti ad aiutarsi, consolarsi o prendersi a botte se è il caso, come allora, più di allora, eterni bambini dai capelli quasi grigi.
“No, davvero…”, aggiunse Matteo congedando l’amico, “…stasera non mi va, forse tra un po’…quando avrò capito, forse…”
“Dico solo che se non ci provi tu con Maddalena lo faccio io…per me stare da soli a capodanno senza una donna è…non so…non è normale ecco”.
“Ok mi hai scoperto” aggiunse allora Matteo con uno sforzo di stanco umorismo, “non sono normale…sono io il serial killer di cui tutti stanno parlando …brillante medico con il vizietto di uccidere giovani donne…confesso”.
Giacomo sorrise, “…ciao collega…e buon anno”.
Passò il resto del pomeriggio cercando di perdere tempo distraendosi come poteva Matteo; lavorò un po’, sistemò degli appunti, si fece una doccia, la barba, tentò di magiare qualcosa, poi si sedette in poltrona e si abbandonò al suo personalissimo rito di Natale: mise sul piatto il vinile di Happy Christmas, con la voce di John Lennon che cantava al mondo intero Buon Natale e Buon anno e gli faceva venire da sempre inspiegabili brividi lungo la schiena, lo abbassò quasi a ridurlo un sussurro e chiuse gli occhi. “Che sia un po’ Natale anche per me” si disse.
Nel buio però gli si formava sempre lo stesso film a perseguitarlo, sempre uguale da giorni e sempre ugualmente incompleto: Rebecca che arriva all’appuntamento con il suo bel Borsalino in regalo, si siede sul muretto davanti alla clinica e aspetta, si accende una sigaretta, guarda l’orologio, poi un’altra sigaretta, poi ancora l’orologio, si alza, forse fa un giro e poi….
Poi più nulla, solo un buio denso e corposo come inchiostro che si rovesciava nella sua mente e gli faceva spalancare gli occhi di colpo. “Dopo, cosa è successo dopo?” si chiese prendendosi la testa tra le mani, “perché non mi ha aspettato ed è sparita nel nulla? ...cosa è davvero successo quel maledetto pomeriggio per colpa di quel maledetto ritardo?”
Guardò l’orologio a parete e si accorse che erano già quasi le nove; dalla strada cominciavano a sentirsi i soliti botti preparatori al delirio della mezzanotte, girò lo sguardo e il televisore spento sembrò minacciarlo di una serata davanti a quattro idioti che brindavano in differita: sentì di non farcela, prese il giaccone dall’attaccapanni e si buttò fuori di casa.
La città a quell’ora del 31 faceva un’impressione strana, trasfigurata com’era e quasi in maschera di carnevale, con le strade vuote di gente, tutta riversa in casa o nei locali, l’asfalto lucido che brillava sotto quell’accenno di nevischio indeciso e le finestre splendenti dei tanti alberi addobbati che facevano capolino da dietro le tende, insieme all’ombra di qualche brindisi felice.
Sentì di avere freddo, forse non solo perché lo faceva davvero, e stringendosi nel giaccone pensò che il Borsalino che Rebecca diceva di avergli comprato adesso gli avrebbe fatto proprio comodo; camminava e camminava, con le mani sprofondate nelle tasche e si rendeva conto di non voler rientrare, non aveva meta ma osservare così, quasi di nascosto, la città che si spogliava dell’ingombro di tutta la sua gente e si abbandonava al vento freddo che la strapazzava, aveva per lui un gusto fascinoso e febbrile, come si trattasse di spiare una bella donna che scioglie i capelli sopra al corpo nudo.
Si frugò nelle tasche per cercare una sigaretta che lo scaldasse un po’, sentì qualcosa di metallico e si trovò in mano le chiavi dell’ambulatorio: “ottima idea”, si disse tra sé, lì almeno avrebbe potuto star solo senza starsene a casa, d'altronde chi avrebbe mai potuto scegliere di passare il capodanno nell’ambulatorio di una clinica oltre a lui? e poi forse, lavorando un po’, non l’avrebbe nemmeno sentita arrivare la fatidica mezzanotte.
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