Prese il cellulare, vide che non c’erano chiamate. Compose il numero di Jessica, ma lei non rispose. Certo che non risponde, non sono nemmeno le nove!

Nicola riprese fiato e tornò a parlare con Emma, cercando di convincerla a fare il passo decisivo con Fabio.

Il telefono squillò di nuovo.

«Sono molto dispiaciuto, Portese.» disse la voce. «Davvero molto. Non ci si comporta così tra uomini d’affari.»

Nicola sospirò pesantemente nella cornetta. «Senti, lo scherzo è bello quando dura poco. Non sono stupido, lo so anch’io che è il primo aprile. Pensi che non me ne sia accorto?»

La voce non perse un briciolo di calma. «Domanda e offerta: è la legge del mercato.»

«Ma di che cazzo stai parlando?»

«Tu hai una cosa che interessa a me, io ho una cosa che interessa a te. Ammetti pubblicamente di aver rubato il mio romanzo, fai ritirare tutte le copie dalla vendita, falle ristampare con il mio nome sopra e ridammi i soldi che mi spettano. Io ti restituisco Jessica sana e salva. Rifiuta e lei morirà. Se non posso avere indietro ciò che è mio, tu non potrai riavere lei. Mi sembra una trattativa equa.»

Nicola sorrise. «Dammi una prova che lei è lì. Fammici parlare. Dimostrami che è come dici tu.»

Anche la voce all’altro capo ebbe un accenno di sorriso. «Questo non è possibile. Lei non è con me adesso, è in un posto sicuro. Ma non ti farei parlare con lei nemmeno se fosse qui, perché tu devi fidarti di me. Devi imparare a fidarti, Nicola.»

Nicola Portese aspettò che l’uomo parlasse ancora ma non accadde. Prese tempo, riflettè a lungo sul da farsi. Poi riguardò il calendario, con quella data a caratteri rossi ben in evidenza. Aveva sentito di scherzi anche più assurdi del suo e non ebbe più dubbi. Non aveva voglia di passare per credulone, i giornali ne avrebbero parlato per settimane. E che avrebbe detto Mauro? Già gli pareva di vederlo, e soprattutto sentirlo, ridere. No, non poteva permettersi una figura simile.

«Senti amico mio, io non ti ho rubato proprio nulla, per cui non ti credo. Non ti credo e basta.»

«Ti avviso che questa è la mia ultima telefonata. Ma voglio essere buono con te, molto più buono di quanto lo fosti tu con me quando trovasti il mio manoscritto, lo correggesti e lo spedisti agli editori a nome tuo.»

«Io non ho mai fatto nulla del genere.»

La voce perse all’improvviso tutta la flemma e divenne rabbiosa. «Puoi mentire a me e al mondo, ma non a te stesso. Sai che è così. Ti do l’ultima possibilità di salvare Jessica. Hai tempo fino alle due di questo pomeriggio per venire al depuratore d’acqua Water Design vicino l’uscita dell’autostrada di Firenze Nord. Se non vieni, lei morirà. Se chiami la polizia, lei morirà. Pensaci bene Nicola!»

E cadde la linea.

Nicola restò immobile davanti al monitor, con Emma e Fabio che ancora non si erano scambiati una sola parola.

Poi il cellulare di Nicola vibrò sulla scrivania. Un SMS. Era Jessica, e Nicola, sussurrando, spedì la voce misteriosa direttamente a quel paese.

Buongiorno amore mio, mi avevi cercato? Ora non posso chiamarti, ci sentiamo stasera. Ti amo.

Nicola si riprese e gli parve che anche Emma sorridesse sul monitor. In fondo perché dire a Fabio che non lo amava più? Poteva continuare a tenere i piedi in due staffe ancora per un po’. Ecco, questo faceva parte del carattere di Emma.

Volevo dirti che ti amo anch’io. A stasera. Pensami forte.

La risposta: Anche tu.

Jessica stava bene, Nicola non ebbe più dubbi che si trattasse dello scherzo di qualche balordo. Buttò il cellulare sulla scrivania e ricominciò a scrivere. Sicuramente sarebbe venuto fuori un nuovo best seller.

Mancava una manciata di minuti alle quattro del pomeriggio quando il telefono squillò di nuovo.

«Sono il brigadiere Tiziano Scarpa, dei Carabinieri della caserma di via Dè Cerretani. Lei è il signor Nicola Portese?»

Nicola, il tono improvvisamente allarmato. «Sì, sono io. Perché? Che è successo?»

«Dovrebbe venire subito, si tratta di una cosa molto importante e delicata perché se ne possa parlare al telefono.»

«Dio mio, ma è successo qualcosa?»

«Per favore, non insista. Venga subito.»