Nessuno ci trattiene, tranne le nostre paure. Di fronte alla cui crudeltà, proviamo a volte un senso di vago amore. E ci sono dei luoghi che ci aspettano. I piedi ci conducono, allora, laggiù e nulla facciamo per contrastarli. Perché vi cerchiamo la nostra annunciazione. Proprio come succede nel romanzo Annunciazione in metropolitana di Chiara Cretella.
Che si tratti delle vie di una Milano anonima e distratta, o di una statua marmorea che danza nel cimitero monumentale, o di un’aula di lezione all’Accademia. Oppure di un treno della metropolitana, non c’è differenza per Leanna, 24 anni, una laurea in Scienze politiche e un presente da ridisegnare, dopo la morte del padre, un politico corrotto, e una madre assente. E proprio in chiesa, al funerale, Leanna scorge un giovane dal profilo esangue e femmineo, dalle ciglia lunghe, sottolineate da un filo di matita scura. È Alfredo, un body artist trentenne, un dandy dal fascino decadente e dalla sessualità ambigua. Refolo solitario in cerca del fiato della vita e dell’arte, egli trascorre le giornate nei cimiteri, parla con i becchini, condivide il silenzio con i morti e vaga tra tombe e lapidi. Affascinata, Leanna si lascia “catturare” da lui nella sua casa-prigione e coinvolgere in giochi assurdi ed estremi. Fino a trasformarsi e sentirsi un’opera d’arte, “marchiata, un pezzo unico non replicabile”.
Con una scrittura densa, "corporea", acuminata eppure elegiaca, Annunciazione in metropolitana è una favola gotica dei nostri giorni, che squarcia e ricompone emozioni, come in una sequenza di fotogrammi: e insabbia lampi, senza urlare allo scandalo o alla vendetta. Perché vittima e carnefice non sono che momenti, passi instabili e vorticosamente simmetrici del sopravvivere quotidiano.
Pescarese, una laurea al DAMS di Bologna e un dottorato in Italianistica, Chiara Cretella è alla sua seconda esperienza letteraria, dopo il romanzo di esordio Gli insetti sono al di là della mia comprensione (Pendragon, 2003)
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