Il sottotitolo di questo esile volumetto è Monologo per un delitto. Di un monologo in effetti si tratta: Massimo Carlotto, con questo Niente, più niente al mondo, propone un testo teatrale di una settantina di pagine.
Ora, Carlotto è uno degli scrittori noir di punta tra tutti quelli (e sono tanti) che, nella nostra penisola, hanno deciso di dedicarsi a esplorare il lato nero della vita. Vedendo questo libriccino, pubblicato alla fine del 2004 dalle edizioni e/o, si sarebbe tentati di scomodare Jorge Luis Borges, il quale affermava che ogni scrittore, se guarda bene tra le sue carte, può far saltare fuori un libro nuovo mettendo assieme un po' di scarti. È questo il caso? Questo monologo è semplicemente un avanzo di macchina da scrivere dato alle stampe per sfruttare la popolarità di Carlotto? I presupposti c'erano. La prova precedente dello scrittore, L'oscura immensità della morte, era un romanzo talmente intenso da far mancare ai recensori aggettivi adatti a descriverlo. Chiunque avrebbe sfruttato l'effetto alone di questo trionfo delle belle lettere cercando di immettere sul mercato qualsiasi cosa, anche la lista della spesa di Carlotto, gonfiarla un po' usando un corpo carattere abbastanza grande e farci un libro di vendita immediata.Bene: poteva andare così. Ma non è andata così.
Niente, più niente al mondo è semplicemente una perla nera. Un monologo di una settantina di pagine ambientato nella Torino dei quartieri operai, la voce solista di una donna abbruttita dall'alcol, dall'assenza di strumenti culturali, dall'invasività della televisione che non riesce più a proporre miti e modelli di riferimento positivi.
Carlotto è riuscito a condensare in queste settanta pagine un'analisi spietata del contesto sociale in cui viviamo, uno sguardo disilluso talmente pregno di particolari da poter sostituire senza problemi un trattato di sociologia, con in più il non trascurabile vantaggio di essere scritto dannatamente bene. Non aspettatevi rassicuranti quadretti familiari da fiction televisiva, buonismi ad alto tasso glicemico e finali consolatori: ma lasciatevi intorbidare dalla lettura di questo monologo, o andate a vederlo in teatro. In queste settanta pagine c'è l'Italia di oggi.
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