Chi è Cathy Vasas-Brown?
Un’anonima giallista canadese poco più che cinquantenne, un paio di libri all’attivo, entrambi ambientati negli Stati Uniti e tradotti in Germania. Il secondo di questi romanzi, Il metodo della follia, arriva adesso in Italia, ma ci domandiamo quale sia la ragione per cui sia stato preferito a decine di altri di identico pregio (si fa per dire).
La vicenda, alquanto scontata, si svolge a Boston, in una scuola superiore (la scrittrice conosce bene l’ambiente, essendo stata per diversi anni insegnante, anche se alle elementari); dal canto suo la protagonista, Samantha Quinlan, consulente psicologica della scuola, presenta subito le stimmate dell’eroina in cerca (involontaria) di guai.
È stata violentata appena prima di sposarsi, ha perso il marito in un incidente in deltaplano subito dopo le nozze, ha dovuto tirar su da sola il figlio Matthew, ha a che fare con allievi depressi (uno si suiciderà di fronte a lei) e colleghi imbarazzanti (insensibili, cinici e persino molestatori di giovani allieve).
Gli unici sprazzi di luce nella sua vita sono il collega, già amico del marito scomparso, Tom Lundstrom, che la coccola fraternamente, e Chris Paxton, il fidanzato col quale intende sposarsi nonostante l’opposizione feroce della ricca madre di lui. E così, tra palpitanti incontri degni di un “Harmony” e qualche esemplare scena scolastica da romanzo sociale, fa la sua comparsa, da un passato ormai lontano, l’inquietante figura di Frank Ventresca, il violentatore di tanti anni prima che ha deciso di venire a riprendersi ciò che ha perso in quindici anni di carcere.
Il libro scivola via così senza grossi sussulti, in un crescendo di disavventure della protagonista che l’autrice ritiene senz’altro pieno si suspense e che invece si rivela di gran lunga prevedibile. Solo nel finale, con un complicato gioco di specchi, dopo due o tre false piste, viene fuori il vero responsabile della persecuzione ai danni dell’intrepida Samantha: madre esemplare sempre pronta a mettersi in gioco col figlio, compagna seducente ma anche dotata di una certa praticità, amica fedele e riconoscente, tempra robusta e un unico vizio, il cioccolato.
E ritorniamo allora al quesito iniziale: perché pubblicare un romanzo così grigio (anche se in Canada paragonano la scrittrice a Mary Higgins Clark)?
Per l’appeal esotico? No. Di canadese la vicenda non ha assolutamente nulla, rientra in una dignitosa media industriale statunitense, ambientazione bostoniana compresa.
Per il curriculum prestigioso della Vasas-Brown? Non crediamo. Un paio di romanzi, segnalati sì, ma niente più. Gente ben più affermata è stata per anni tenuta fuori dal “Giallo Mondadori”.
Per la straordinaria fortuna che l’autrice ha riscosso in Europa? Neppure. Come già detto, solo la Germania ha tradotto i due noir: e non risultano milioni di copie vendute.
E allora? Mistero.
O meglio: un’ipotesi l’avremmo.
Visto che ormai nel “Giallo Mondadori” le grandi firme non appaiono più in prima edizione (quella cartonata rende di più e, nonostante quello che si dice, rimanere in edicola appena un mese non è davvero invitante); appurato che la collana non regge più la cadenza settimanale e si è attestata su una più prudente, quindicinale (seguendo il mesto declino che contrassegnò, anni fa, il gemello “Segretissimo”); sottolineato che l’appeal del “Giallo Mondadori” presso il pubblico non è più quello di una volta (complici anche alcune discutibili scelte editoriali degli ultimi anni): vuoi vedere che si pesca un po’ a caso tra illustri sconosciuti (o quasi), magari dando fiducia a qualche agente letterario straniero che sa fare il suo mestiere, sperando di imbroccare il colpo del secolo?
A pensar male si fa peccato, però…
Voto: 5
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