Prima di diventare una grande nazione, la Cina era divisa in sette regni, che il capo del regno di Qin intendeva unificare. Il film di Zhang Yimou Hero, celebratissimo in tutto il mondo, parte da questo assunto per descrivere una storia di tradimento, perdono e nobiltà danimo che tanto ha affascinato lOccidente.
Il film inizia con la convocazione da parte del re di Qin (Cheng Dao Ming) del guerriero Senza Nome (Jet Li), che è riuscito a sconfiggere tre grandissimi esperti di arti marziali del regno di Zhou, Cielo (Donnie Yen), Neve che Vola (Maggie Cheung) e Spada Spezzata (Tony Leung Chiu Wai), intenzionati a uccidere il re di Qin. In quanto protagonista della loro disfatta, Senza Nome viene accolto con tutti gli onori dal re, che gli permette di sedersi inizialmente a 100 passi di distanza da lui per bere un thé insieme. Poiché il guerriero non chiede alcuna ricompensa, gli viene concesso di poter avanzare fino a un'altezza di venti passi. In cambio, Senza Nome racconta del suo scontro con Cielo, avvenuto sotto lo sguardo oscurato di un musicista cieco, non senza evidenziare l'analogia fra musica e arti marziali nel raggiungimento di uno stato di coscienza superiore. Apparentemente estasiato, il re concede a Senza Nome di avanzare di altri 20 passi, cosa mai avvenuta prima nei confronti di nessun altro guerriero. Il re e Senza Nome sono a una distanza di 10 passi l'uno dal'altro, e questa distanza verrà forse colmata dal racconto, molto più elaborato del precedente, sull'incontro-scontro del guerriero con i due temibili Neve che Vola e Spada Spezzata, uniti dall'amore e dalla calligrafia oltreché dalle arti marziali.
Il racconto di Senza Nome viene scandito da una serie di variazioni cromatiche, che mutano in corrispondenza della versione differente che, su suggerimento del re, il guerriero dà dello svolgimento dei fatti. Si parte dal rosso, colore tradizionalmente legato alla felicità in Cina ma che in questo caso rimanda agli intrighi della passione e al fuoco del sangue, alla danza della calligrafia che è simile a quella della spada nell'esprimere l'armonia tra la forza del polso e il sentimento del cuore. Ma in un mondo in cui l'onore e l'arte marziale contano più di ogni altra cosa, è difficile credere che dei guerrieri possano lasciarsi travolgere dalle emozioni. "La tua storia è logica e coerente," afferma il re con tipica allusività cinese, "ma mi sembra che tu abbia sottovalutato una persona." Cioè il re stesso. Com'è tipico del linguaggio cinese, l'interlocutore, in questo caso il re, finge di porsi come ignorante e ingenuo solo per far brillare ancor più la propria grandezza. Senza Nome ha mentito, e il re non esita a smascherarlo proponendo una nuova versione della storia che, molto più appropriatamente, reca il colore blu, che rimanda alla purezza e alla fermezza. Senza Nome, che in realtà è un guerriero di Zhao, ha deciso si chiedere aiuto ai due combattenti per poter arrivare fino al re e ucciderlo con le sue mani. Neve che Vola ha deciso dunque di sacrificarsi per la causa, lasciando Spada Spezzata e Senza Nome a combattere per onorare il suo nome. Ma è qui che arriva un'ulteriore sorpresa. Anche il re ha sottovalutato qualcuno in questa storia, afferma Senza Nome. La chiave di tutto è infatti Spada Spezzata, e nella nuova versione tutto vira verso il bianco, il colore della morte. Spada Spezzata intende impedire a tutti i costi l'uccisione del re, a causa di un'intuizione avvenuta tre anni prima durante un assalto al palazzo reale. In quel frangente, anch'esso contraddistinto da un ulteriore colore, il verde, simbolo della primavera e della fioritura, vedendo il re Spada Spezzata ha intuito una grande verità superiore, che prima di congedarsi da Senza Nome traccia sulla sabbia come spunto di riflessione finale che faccia da monito al guerriero. Tian xia, questo il pensiero lasciato da Spada Spezzata. Vuol dire "sotto un unico cielo", concetto in seguito divenuto popolare nel linguaggio corrente cinese per indicare semplicemente "il mond" ma che in questo caso preciso sta ad indicare come l'unità fra i regni, effettuata dal re di Qin, sia l'unica soluzione per porre fine alle lotte intestine che dilaniano il paese, analogamente all'illuminazione del vero guerriero, che trova la propria spada nel cuore e non nella mano, capendo come la mente aperta contenga tutto e dunque non uccide. Come il colpo finale che trafigge la carne, senza però penetrare nei punti vitali.
Aperto omaggio di un grande talento dei cinema della Mainland al genere del wuxiapian, Hero aggiunge alle iperboli tipiche dei film di Tsui Hark (e Ching Siu-Tung, qui infallibile martial arts director) la magia pittorica delle deviazioni "artistiche", con spade simili a pennelli intinti nell'acqua, foglie che da gialle – colore della terra che attraversa tutto il film – si tingono di rosso sangue, frecce che danzano all'unisono quasi in un wirework di oggetti, e un imperdibile combattimento Jet Li–Donnie Yen da confrontare con quello di dieci anni prima presente in Once Upon a Time in China II. Ma Hero è soprattutto un film sulla consapevolezza e sulla tenacia nel perseguire i propri ideali, il proprio risveglio interiore che di fatto è una sorta di scoperta di come diventare "re" o "regine" di se stessi, fino a raggiungere il grado estremo di libertà che va oltre l'obiettivo prefissato e il rifiutarlo. I propri gesti di ribellione diventano infatti misera cosa di fronte all'evolversi dell'universo. Essere re vuol dire vedere i propri limiti e fin dove essi possono condurci nella cecità di un disegno personale che non giova all'armonia delle cose. È l'umiltà del ripensamento, il piegarsi ma non spezzarsi del legno (che è verde, il colore che non ha caso segnala il risveglio di Spada Spezzata), malleabile ma tenace. Essere re è abdicare ai propri desideri di vendetta e rivalsa, e sostenere la libertà della vita e della morte, scelte con consapevolezza.
Tacciato di ambiguità e nazionalismo celebrativo dell'epoca del primo imperatore cinese "fautore di una globalizzazione antelitteram" (Mereghetti – Dizionario dei Film, Milano, Baldini Castoldi e Dalai, 2006), in realtà il film si inserisce nel pieno della tendenza attuale cinese, apertamente dichiarata, di ricreare un'unità intellettuale che porti a una leggittimazione della grandezza culturale e politica del paese, e in questo Hero non è certo un caso isolato né casuale di rievocazione del passato mitico di una nazione che sta cercando, per la prima volta in modo così sistematico, di interrogarsi su se stessa e sul suo ruolo nel mondo. Per dirla con Stefano Cammelli (Ombre Cinesi, Torino, Einaudi, 2006, p.211) "il compito che questi film devono assolvere è quello di contribuire al riequilibrio nell'immaginario occidentale e mondiale della Cina. Sono un contributo, e di quale rilevanza, nell'affermazione della Cina imperiale."
Extra
Il cuore di Hero: documentario sui momenti forti del film, con la troupe
Dietro le scene di Hero
Le musiche e i costumi di una leggenda
Galleria fotografica
Trailer
Curiosità
Extra nascosti
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