Apnea, dell’esordiente (nel lungometraggio) Roberto Dordit, è un noir con una coscienza civile (o di classe se si preferisce…), dove il noir funge da strumento di denuncia della piaga delle morti bianche. L’abbrivio, dei più classici, pone al centro una morte apparentemente casuale, quella di Franz, un trentenne ex schermidore. Qualcosa però non convince il suo ex compagno di pedana Paolo (Claudio Santamaria), che appesa la sciabola al chiodo è divenuto un giornalista sportivo. Scavando nella vita dell’amico Paolo finirà con l’imbattersi nel sottobosco assai pericoloso che ruota attorno all’industria della concia delle pelli, dove scoprirà sia che l’amico non era poi uno stinco di santo (piccolo imprenditore anche lui subaffittava a peso d’oro stamberghe agli extracomunitari impiegati nelle fabbriche), sia che a confronto a tanti altri industriali del settore faceva la figura di un benefattore. L’apnea del titolo è sia l’emblema capace di segnare il confine tra vita e morte rimandando direttamente alla necessità, durante alcune fasi della lavorazione della concia delle pelli, di trattenere il fiato per non inalare gas venefici, sia una anticipazione concreta e molto amara (ma solo per chi è svelto ad afferrare l’enigmaticità delle immagini iniziali…) del destino che attende il protagonista. Menzione d’onore per Emilio De Marchi (il B. di Il caimano) un industriale villain di grande efficacia.