No, non avete sbagliato rubrica.

È proprio “ArcheoTv”, solo che si parla del primo episodio di una serie che ha esordito su Canale 5 il 26 settembre del 2000.

Archeologia televisiva dopo appena sei anni, direte voi? Sì e se avrete la pazienza di seguirci lo dimostreremo.

Nella produzione industriale delle serie tv si può utilizzare l’antico adagio giornalistico che recita all’incirca: non c’è nulla di più vecchio del quotidiano del giorno prima.

Facciamo dunque qualche calcolo: Distretto di polizia ha appena concluso la sesta stagione per un totale di ben 152 puntate, talvolta riunite a formare un unico episodio, di 50’ circa ciascuna: 24 per le prime due stagioni e 26 per le successive. In totale quasi 150 ore di trasmissione: c’è qualcosa di più antico dell’episodio “pilota” ormai perso nella notte dei tempi?

Passiamo poi ai personaggi che compaiono appunto in L’agguato: il commissario Giovanna Scalise (Isabella Ferrari) abbandona alla fine della seconda stagione; l’ispettore capo Roberto Ardenzi (Giorgio Tirabassi) resiste fino alla sesta, arrivando al grado di commissario, per passare poi alla DIA; sua moglie Angela Rivalta (Carlotta Natoli), psicologa del X Tuscolano, muore nella seconda stagione; l’ispettore Mauro Belli, a metà della sesta, muore in circostanze drammatiche che provocano una mezza sollevazione nel pubblico più affezionato; l’ispettore Walter Manrico (Lorenzo Flaherty) se ne va alla fine della seconda; l’agente Nina Moretti (Serena Bonanno) muore anche lei assassinata al termine addirittura della prima stagione. Gli unici che restano ancora sulla breccia sono l’agente Luca Benvenuti (Simone Corrente), poi ribattezzato Benvenuto in seguito a problemi di omonimia con un vero poliziotto; e la forza medio bassa: i vari sovrintendenti, e giù a scendere di grado, Ingargiola, Parmesan, Guerra, Lombardi. Non siamo a E.R. dove lo zoccolo duro ha resistito per almeno una decina di anni: qui i principali personaggi sono tutti morti, televisivamente parlando, dopo appena sei stagioni e quindi rivedere quel certo episodio è come riscoprire un mondo dimenticato.

Ripercorriamo insieme dunque le scene iniziali di L’agguato e sentiremo subito in bocca il sapore di una stagione televisiva ormai tramontata.

Il commissario Giovanna Scalise si trova in Sicilia con suo marito (Raoul Bova), un giornalista impegnato contro la mafia: e per questo stesso motivo viene ammazzato dopo pochi minuti fornendo agli sceneggiatori il dubbio alibi per il trasferimento della moglie a Roma in un oscuro commissariato di zona (ribattezzato all’americana “distretto” neanche fossimo all’87° di Ed McBain!) per vivere una vita tranquilla senza scorta (e passiamo sopra anche a questa inverosimiglianza…).

Il tema mafioso che ha spopolato in tv dalla Piovra in poi, costituisce dunque il filo conduttore della prima stagione: anche perché, per ammissione dello stesso produttore Valsecchi, l’idea della serie nasce per non disperdere il patrimonio di esperienze maturate nelle due produzioni di Ultimo, andate in onda nel 1998-1999; lì recitavano appunto Tirabassi, Memphis, Corrente e il Bova che si è gentilmente prestato al cameo iniziale per attirare un pubblico orfano dell’intrepido capitano dei carabinieri. Ma, nonostante le apparenze, siamo al canto del cigno della fiction impegnata: ben presto Distretto di polizia (come peraltro le altre serie di successo o meno) utilizzerà la criminalità mafiosa non più come ingrediente fondamentale per un discorso pedagogico sulla legalità, ma come situazione narrativa perfettamente intercambiabile con altre.

Certo, gli schemi narrativi hanno resistito all’usura del tempo: i sei investigatori principali (secondo la formula invariata di 4 uomini + 2 donne) resteranno nel volgere degli anni pur nel mutare dei personaggi e delle funzioni; verrà mantenuta costante l’associazione del mistero che chiameremo “di serie” (che trova la sua soluzione alle fine della stagione) con quello “di episodio” (che invece si risolve nel breve ambito dei 50’): anzi, talvolta la vicenda verrà arricchita con una terza linea investigativa autoconclusiva; la miscela di detection e di commedia all’italiana verrà assicurata dalla presenza di un folto gruppo di comprimari tra i quali svetta il padre di Mauro Belli (Sergio Fiorentini); ma, sull’altro versante, la novità di rappresentare la tormentata figura del poliziotto gay Benvenuti/o sarà ben presto sterilizzata per la scarsa simpatia mostrata dalla Polizia di Stato per questa trovata narrativa.

Rileggere dunque L’agguato è ripercorrere la sequenza del DNA di una serie tra le più acclamate in Italia: ma, allo stesso tempo, costituisce un ottimo spunto che volgerci indietro e vedere “come eravamo”; a un certo punto l’intrepida Giovanna Scalise detta un numero di cellulare con il prefisso 0 e composto di appena sei cifre: non è pura archeologia?

 

Voto: 7