Nuovo appuntamento col noir svedese, sempre più prolifico, sempre di buona qualità.
Questa volta tocca ad Arne Dahl, pseudonimo di Jan Arnald, quarantaquattrenne, scrittore e critico letterario, che ha inaugurato nel 1998 una serie dedicata al “Gruppo A” (per ora giunta al nono dei dieci capitoli previsti) di cui La linea del male – come ci informa il sito personale dell’autore www.arnedahl.net – è il secondo episodio, pur essendo stato il primo romanzo a essere uscito in libreria.
Non a caso la parte più debole per il lettore italiano è quella iniziale in cui si fa costante riferimento al precedente caso, quello degli “omicidi dei potenti” di cui non si offre la soluzione, certo, ma alcuni dettagli importanti purtroppo sì. E, sempre per il nostro pubblico potrebbe risultare controproducente anche l’incipit, tutto centrato sulle sofferenze indicibili di una vittima alle prese con un efferato serial killer: un lettore superficiale e innervosito dall’ennesima variazione sul tema potrebbe abbandonare subito il romanzo, negandosi un piacere intellettuale non comune.
Dahl infatti coniuga a modo suo il tema dominante della narrativa noir svedese dell’ultimo decennio, quello che si potrebbe definire “la perdita dell’innocenza”.
La Svezia non è più (ma lo era veramente con la sua altissima percentuale di suicidi?) il paradiso sociale a cui guardava l’intera Europa; e non è più (ma lo è davvero stata con le sue ambigue contiguità col nazismo prima e con l’URSS poi?) l’isola neutrale al di fuori della Guerra guerreggiata e di quella Fredda; vive sulla sua pelle la caduta del Muro, la globalizzazione dell’economia ma anche della criminalità, la (ri)nascita di simpatie neonaziste nei giovani, la perdurante impressione di marginalità nei meccanismi decisionali del mondo contemporaneo.
Così il serial killer importato dagli States non è, come potrebbe sembrare, il vero protagonista del romanzo, essendo Dahl molto più interessato a delineare da un lato – sul versante pubblico – alcuni aspetti della politica estera statunitense prima e dopo il crollo dell’URSS e dall’altro – sul versante privato – il delicato meccanismo dei rapporti familiari sottoposti ormai ad un’usura irreversibile.
Così anche il “Gruppo A”, nella varietà dei suoi (magnifici?) sette elementi riflette, più che l’infallibile complementarità che porterà alla scoperta (ma non alla cattura) del responsabile degli atroci crimini, le contraddizioni della società svedese.
Paul Hjelm combatte con la sua crisi matrimoniale quasi rientrata e con un figlio sedicenne, Danne, che si sta avvicinando pericolosamente al mondo della droga; la sua collega (ed ex amante) Kerstin Holm ha una vita sentimentale tormentata che è culminata con una relazione con un pastore vedovo e malato terminale; l’esperto informatico Jorge Chavez è un esponente della nuova società multiculturale, figlio di cileni sfuggita alla dittatura di Pinochet; il finlandese Arto Söderstedt, dalla carnagione lattea e con l’ossessione del cancro alla pelle, è fuggito dalla patria e da una professione legale che faceva a pugni con la sua coscienza; l’ex Mister Svezia Gunnar Nyberg, gonfio di steroidi, ha visto la famiglia fuggire da lui per le sue violenze; il massiccio Viggo Norlander è uscito dalla precedente avventura con pesanti cicatrici nel fisico e con una voglia matta di recuperare il tempo perduto con le donne, anche a costo di qualche denuncia per molestie sessuali; e poi il capo, Jan-Olov Hultin, sull’orlo della pensione, è ancora capace di coordinare il gruppo per assicurare alla giustizia il serial killer.
E così, mentre sullo sfondo incombe l’ombra minacciosa del Killer del Kentucky i nostri eroi debbono combattere le loro guerre private, ricucire rapporti disastrati, tentare di dare un futuro diverso (Hjelm e la Holm, per esempio) al loro passato legame o (è il caso di Nyberg) a una paternità vissuta male.
Il tutto condito con un umorismo molto british che fa da perfetto contraltare alle scene di più raccapricciante violenza che però, come detto, rappresentano solo lo specchietto per allodole (leggi: lettori) distratte.
Una buonissima prova dunque in attesa degli altri capitoli della saga che Marsilio promette di offrirci con la sua solita cadenza annuale.
Voto: 7.5
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