Giancarlo De Cataldo (Taranto, 1956) è una delle perle della letteratura italiana. Partiamo forte, ma a ragione. Con Romanzo criminale, capolavoro assoluto uscito nel 2002, il magistrato pugliese ha finalmente dimostrato la pregevolezza del noir letterario italiano, di cui oggi apprezziamo voci squisite, da Carlo Lucarelli a Massimo Carlotto, a Giuseppe Genna, a Giampaolo Simi, e ancora Dazieri, Colaprico, Fois, Garlaschelli, Perissinotto, senza dimenticare i “classici” Scerbanenco e Machiavelli.

De Cataldo resta tuttavia una spanna sopra gli altri. L’occasione per rileggere criticamente questo straordinario autore è duplice: da un lato, elogiare la meritoria ristampa da parte dell’editore romano e/o di un suo romanzo uscito anni fa da Manifestolibri e da tempo praticamente introvabile, Il padre e lo straniero (1997), e, dall’altro, festeggiare la produzione cinematografica che sta realizzando un film [1], diretto da Michele Placido, tratto proprio da Romanzo criminale. Cercheremo di analizzare brevemente le ragioni dell’importanza di quest’ultima opera e di questo narratore nel quadro socio-culturale della narrativa (non solo di genere) nazionale.

Giudice presso la Corte d’Assise d’Appello di Roma, De Cataldo aveva sfornato diverse opere, tra romanzi, racconti, copioni teatrali, saggi, prima di regalarci questo lavoro poderoso. Ciò che salta agli occhi pressoché immediatamente al lettore, è la dimensione di una tale impresa. Dimensione innanzitutto materiale: oltre 600 pagine che scorrono fitte e piacevoli. Già questo risulta un pregio non indifferente in un panorama letterario (ma anche cinematografico) come il nostro, asfittico e gonfio di narrazioni minimalistiche, ombelicali, retoricamente “controcorrente”. L’autore, insomma, mira in alto già nel confezionare un tomo vigoroso che lascia all’epos lo spazio di cui necessita. Sì, perché la dimensione propria del romanzo criminale dell’Italia contemporanea è soprattutto epica [2].

Per “epica” intendiamo un racconto di fatti memorabili, i fatti che hanno coinvolto un periodo cruciale della nostra storia recente (1977-1992):

gli anni delle stragi, degli attentati e degli “incidenti”, delle logge massoniche, di collusioni e coperture tra servizi deviati; gli anni segnati fortemente dalla commistione tra crimine organizzato e apparati istituzionali, e dal tentativo di destabilizzazione dello Stato ad opera di una sua stessa parte; macchiati da quella sottile linea d’ombra che collega Stato e anti-Stato, e da quell’incerta linea grigia in cui non è più possibile distinguerli nettamente: gli anni ’80, insomma, visti sotto una luce diversa e rimessi in prospettiva [3].

Il referente più prossimo di una tale operazione è senz’altro il James Ellroy della Underworld Trilogy, il cui terzo volume, dedicato agli Stati Uniti del Watergate, completerà il ciclo iniziato con American Tabloid (id., 1995) e The Cold Six Thousand (Sei pezzi da mille, 2001). Fabrizio Denunzio parla, a tal proposito, di

epica minore, perché ha una prospettiva, un punto di vista soggettivo volutamente critico che tradisce il cronachismo impersonale della grande epica, (…) ma in ogni caso è epica perché narra i conflitti tra uomini potenti (i Kennedy contro il capo dell’FBI Hoover e il mafioso Hoffa, presidente del sindacato trasporti) le cui passioni e scelte influenzano il destino di un’intera collettività; è epica perché ripropone l’ambiguità di comportamenti che oscillano tra ciò che è imposto dalla legge (il rigore di Bobby) e ciò che è permesso dall’etica privata (...) È epica perché i protagonisti, come sempre in Ellroy, agiscono e non interiorizzano alcun problema, le loro vite sono prive di autoriflessione [4].

Rispetto ad Ellroy, il cui respiro irradia comunque la scrittura del nostro, De Cataldo compie alcuni passi, non diciamo in avanti, ma sicuramente in direzione diversa. Intanto, come notano i Wu Ming, l’epos di Romanzo criminale “rivendica (…) una piena riconoscibilità del «caso italiano», sia dal punto di vista antropologico che linguistico” [5].

Eccoci arrivati al punto: Romanzo criminale segna la propria differenza rispetto al maestro Ellroy nel momento in cui dispone sulla superficie finzionale la materia rozza, e cioè la cronaca di 15 anni di vita italiana. Per essere più chiari: laddove lo scrittore statunitense smaschera il substrato vile e corrotto della (falsa) epopea kennedyana, con un stile vertiginoso, schizofrenico e portentoso, a De Cataldo interessa riprodurre attraverso una giostra di parlate dialettali e gergali un’inquietante parte della nostra storia più recente.

La sostanza linguistica di questo romanzo ne rappresenta un ulteriore punto d’orgoglio, poiché è attraverso la volubilità e la varietà fonica dei diversi dialetti e gerghi che esso caratterizza ogni personaggio, appartenga questo alla variopinta fauna criminale o agli apparati deviati dello Stato.

La trama del racconto è sintetizzabile, infatti, in poche battute: l’ascesa e il declino di una banda della mala romana (chiaramente ispirata alla Banda della Magliana), nella cui storia s’intersecano e s’incrostano mille altre storie che coinvolgono tanto la vita politica nazionale, quanto l’intera mappa della criminalità nostrana (mafia, camorra, ‘ndrangheta).

Da un lato abbiamo l’impostazione ellroyana, caratterizzata dall’adesione ai canoni del noir, dall’utilizzo della cronaca nera e da un afflato epico che trasforma i fatti in leggende e i protagonisti in eroi/antieroi mitologici, dall’altro abbiamo una declinazione di questi elementi in chiave specificatamente italiana.

La cronaca nera da cui attinge a piene mani De Cataldo, avvantaggiato dalla sua professione, non è cronaca qualsiasi: come detto, si tratta di anni assai delicati anche per le vicende che attualmente si dipanano sotto il nostro naso. È in questo periodo che il terrorismo dispiega la sua orrida forza distruttrice, che il Paese è insanguinato da stragi nere e rosse, che apparati dello Stato allestiscono torbide trame che coinvolgono servizi segreti stranieri, delinquenza comune e oscure macchinazioni, a malapena coperte dalla foglia di fico dell’anticomunismo. Tutto ciò, De Cataldo ce lo racconta con le forze di un sincero conoscitore della strada, delle sue leggi, dei suoi eroi.

La sua vena narrativa gode di una felicità assoluta, tanto grazie alla morbidezza piacevole della modulazione linguistica, quanto per il tramite di una trama capace di compattare fatti veri, circostanze verosimili e pura creazione. Restano nella mente, i caratteri di questa mala romana: i capi (il mussoliniano Libanese, l’impassibile Freddo e l’impagabile Dandi), la manovalanza (Ranocchia, Ricotta, i fratelli Buffoni, Trentadenari, Nembo Kid, il Nercio, il Nero, i fratelli Gemito, Scrocchiazeppi, Fierolocchio), i nemici (Mario il Sardo, il Terribile), i nazisti (il Pischello, il Sellerone), i mafiosi e i camorristi (Zu’ Carlo, il Maestro, Cutolo), gli uomini dello Stato, dai magistrati onesti, ma prudenti (Borgia) ai poliziotti passionali e irruenti (Scialoja) agli agenti corrotti (Zeta e Pigreco), al Grande Manovratore (il Vecchio).

A riguardo di quest’ultima figura, nel corso di una discussione su gialloweb.net, si è obiettato da qualche parte che la sua presenza costituirebbe una scorciatoia verso la risoluzione di certi intrighi. Ma, a parte il fatto che, come sottolinea la stragrande parte degli interpreti del libro, Romanzo criminale non è un giallo (per cui non c’è nulla o quasi da scoprire), benché l’elemento thrilling eserciti una sua non marginale funzione, la caratterizzazione del Vecchio è ben calibrata all’interno di una diegesi mirata con energia a rappresentare il processo di imputridimento di settori più o meno vasti delle istituzioni repubblicane:

Il Vecchio è il Vecchio. Il Vecchio ordina e Dio dispone. Il Vecchio comandava un’unità informativa dal nome neutro il cui potere era noto solo a pochissimi eletti. Circondato dai suoi giocattoli meccanici, pezzi autentici del Settecento austriaco, prototipi dei moderni automi, il Vecchio combatteva l’insonnia giocando a disordinare il mondo [6].

L’abilità di De Cataldo si sostanzia anche di una non facile sintonizzazione sulle onde sentimentali ed emozionali dei personaggi, che gli consente di restituire la voracità autodistruttiva dei capi, il cinismo sanguinario di brigatisti, neonazisti e spioni vari e persino la desolante solitudine di un criminale spaesato dopo anni di “gabbio”:

Così va la vita. Questa è Roma. Al posto del baretto dov’eri il re, una birreria piena de pisciasotto che non ti si filano di pezza. Al circolo facce nuove che quando accenni un saluto ti schizzano manco fossi un sieropositivo. Occhiate di straforo, mezze risate. (…) Così è la vita. Questa è Roma. Sei dentro e pensi: mo’ che sorto ve rimetto in riga. Esci e non sei più nessuno. Il rispetto muore con la galera [7].

Insieme ai destini individuali, impugnati dalla sapiente regia dell’autore che amministra così tante figure, si gioca nella polpa di Romanzo criminale

la Grande Storia, anzi, per dirla con Genna[8], la controstoria: il rapimento Moro, i sequestri di persona, l’omicidio Livatino, Pecorelli,

la P2, le Bierre, l’Italicus, la stazione di Bologna.

In ultima analisi, ci riserviamo due annotazioni, che completano e concludono quanto abbiamo evidenziato sinora. Primo punto. Romanzo criminale è un’opera non solo bellissima, indispensabile perché di elevata qualità letteraria. È di più: è un testo necessario, quanto mai necessario, perché incontra il suo pubblico in una fase socio-culturale che ne rende assolutamente benefica la presenza. In una stagione di riflussi, paure e nuove manovre fangose, quale quella che, ahinoi, stiamo vivendo, questo libro agisce come testimonianza civile di un uomo, di uno scrittore, di un magistrato (e, auspichiamo, di una bella fetta d’Italia che lo apprezza e incoraggia) che ricorda e ripropone fatti gravissimi, che ancora gridano vendetta per lo sfregio arrecato alla nostra coscienza nazionale. Un atto di enorme coraggio che merita il sentito ringraziamento di tutti quegli Italiani non ancora definitivamente compromessi dall’ottundimento televisivo, dalle menzogne artefatte a uso e consumo di un pubblico, giudicato degno delle attenzioni di uno scolaro di seconda media.

Secondo punto, direttamente connesso al primo. Il noir dimostra una sua qualità genuina che nell’attuale sistema mediale pochi altri generi possono vantare: la capacità di raccontare con la fiction i possibili storici nascosti nel passato, non conoscibili coi soli strumenti della comunità scientifico-accademica ufficiale [9]. De Cataldo dimostra, come fa Lucarelli con i suoi programmi televisivi [10], che anche la letteratura italiana può svolgere un encomiabile lavoro di denuncia, d’inchiesta che, se non risvegliarle, può almeno stimolare le residuali risorse civiche prostrate da condoni, leggi ad personam, concorsi esterni in associazione mafiosa, corruzioni di magistrati, compravendite di lauree e posti di lavoro. C’è ancora modo per porre rimedio alla svendita dell’etica pubblica. Per rigenerare una speranza, serve però il conforto della narrazione, che può sottrarci alla dittatura del pensiero unico, utilizzando strumenti evoluti e tecniche avvincenti.

Proprio a queste ultime ci riferiamo per annotare un’ultima osservazione, che ancora una volta accomuna i migliori scrittori noir delle ultime generazioni, Carlo Lucarelli e Giancarlo De Cataldo. Entrambi, infatti, ricorrono alla potenza eccezionale del racconto per raggiungere lo scopo prefissato, che è quello di rimuovere strati di polvere e oblio collettivo su vicende che sono di vitale importanza per conoscere il nostro passato e determinare il nostro futuro. Che l’emiliano Lucarelli decida di trasformare in racconto la storia reale delle mafie che dal dopoguerra in poi hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel Belpaese, mentre il pugliese De Cataldo interpola all’impianto diegetico materiali documentali, persino spezzoni di canzoni (Terra promessa di Ramazzotti), non ha grossa importanza. Ciò che li rende simili, nel profondo, è la fiducia nel raccontare, inteso come principio d’ordine che attingendo agli eventi storici, li elabora con il talento narrativo, consentendo di produrre storie esemplari, lasciate, si spera, a proliferare nel sentimento civile di quella parte sana di Nazione, ancora profondamente, visceralmente, utopisticamente amante della vera libertà democratica.

NOTA BIBLIOGRAFICA

NARRATIVA

Nero come il cuore (Milano, Interno giallo, 1989) [11].

Contessa (Pavia, Liber, 1993).

Il padre e lo straniero (Roma, Manifestolibri, 1997, 2001) [12].

Teneri assassini (Torino, Einaudi, 2000).

Onora il padre (Milano, Giallo Mondadori, Speciali n. 1, 2001) [13].

Romanzo criminale (Torino, Einaudi, 2002).

SAGGISTICA

Minima criminalia: storie di carcerati e carcerieri (Roma, Manifestolibri, 1991, 2000).

Con Tiziana Pomes (a cura di), Camici bianchi e impronte digitali: la medicina nella letteratura gialla (Roma, Il pensiero scientifico, 1992).

Terroni (Roma, Theoria, 1995).

Con Paolo Crepet, I giorni dell'ira: storie di matricidi (Milano, Feltrinelli, 1998, 2002).

ALTRI TESTI

- Acido Fenico: ballata per Mimmo Carunchio camorrista (Lecce, Piero Manni, 2001)[14] (testo teatrale).

- Traduzione (con Damiano Abeni) e cura di Leonard Cohen, L' energia degli schiavi (Roma, minimum fax, 2003).

- Prefazione a Mario Quattrucci, Troppi morti, commissario Mare (Roma, Robin, 2003).

- Prefazione a Diego Paszkowski, Tesi su un omicidio (Roma, Fanucci, 2004).

- Postfazione a Giambattista Avellino, Il cono di luce del futuro dell'evento (Torino, Instar Libri, 2004).

- Introduzione a Gino Saladini, Omicidi a margine di qualcosa di magico (sincro) (Roma, Gangemi, 2004).

ARTICOLI

- Il giro di boa, www.carmillaonline.com/archives/2003/07/000359.html (su Andrea Camilleri, Il giro di boa, Palermo, Sellerio, 2003).

- Intervista con Wu Ming, La Gazzetta del Mezzogiorno, 6/9/2003.

- Hot, novembre 2003 (su Derek Raymond, E morì a occhi aperti, Padova, Meridiano zero, 1998, 2003).

- Georges Simenon, quel Male, Il Messaggero, 22/11/2003.

- Robicheaux, Dave, La Gazzetta del Mezzogiorno, 12/12/2004 (su James Lee Burke, Sunset Limited, Padova, Meridiano zero, 2004).

RACCONTI IN ANTOLOGIE

AA. VV., Mi riguarda, Roma, e/o, 1994.

Gian Franco Orsi (a cura di), Killers & Co. I racconti inediti dei migliori giallisti italiani, Milano, Sonzogno, 2003 (con racconti di Alan D. Altieri, Andrea Carlo Cappi, Alfredo Colitto, Mario Coloretti, Danila Comastri Montanari, Giancarlo De Cataldo, Stefano Di Marino, Marcello Fois, Barbara Garlaschelli, Carmen Iarrera, Sergio Kraishy, Diana Lama, Carlo Lucarelli, Giancarlo Narciso, Carlo Oliva, Giancarlo Pagani, Patrizia Pesaresi, Davide Pinardi, Andrea G. Pinketts, Giampiero Rigosi, Claudia Salvatori, Andrea Santini, Giorgio Scerbanenco, Alda Teodorani, Diego Zandel, Barbara A. Zolezzi, Giovanni Zucca).

AA. VV., Viva L’Italia, Roma, Fandango, 2004 (con racconti di Massimo Carlotto, Roberto Cotroneo, Giancarlo De Cataldo, Luciano Doddoli, Lisa Ginzburg, Edoardo Nesi, Lidia Ravera, Giampaolo Rugarli, Luigi Serafini, Emanuele Trevi, Sandro Veronesi).

CINEMA E TV

Collaboratore alla sceneggiatura di Nero come il cuore (film tv, regia Maurizio Ponzi, Canale 5, 1991).

Collaboratore alla sceneggiatura di Avvocati (serie tv, registi vari, Rai Due, 1998).

Collaboratore alla sceneggiatura di Onora il padre (miniserie tv, regia Gianpaolo Tessari, 2001).

Collaboratore alla sceneggiatura di Il giudice Borsellino (film tv, regia Gianluca Maria Tavarelli, 2004).

Autore di alcuni episodi de La squadra (serie tv, registi vari, Rai Tre).

Consulente alla sceneggiatura di Romanzo criminale (film, regia Michele Placido, in produzione).

APPARATO CRITICO

ARTICOLI E RECENSIONI

Su Nero come il cuore (1989):

Se il giallo si scopre un cuore nero, www.racine.ra.it/meticcia/num7/libreria7.htm.

Su Minima criminalia: storie di carcerati e carcerieri (1991):

Elena Fiscella, www.pol-it.org/ital/fiscella.htm.

Su Mi riguarda (1994):

A. Nadotti, L’Indice, n. 3/1995.

Su Il padre e lo straniero (1997):

Giulia Cerqueti, Il padre ritrovato, Famiglia Cristiana, n. 49, 2/12/2004.

Curzio Maltese, Almanacco dei Libri, n. 2, 11/12/2004.

Giulia Mozzato, www.cafeletterario.it/351/8876416366.htm

Ermanno Paccagnini, Corriere della Sera, 12/12/2004.

Su I giorni dell'ira: storie di matricidi (1998):

Luciana Sica, Quattro modi di uccidere la mamma, La Repubblica, 2/11/1998.

Su Teneri assassini (2000):

Grazia Casagrande, Giulia Mozzato (a cura di), www.cafeletterario.it/140/8806143034.htm.

Alessandro Pinti, www.ristretti.it/areestudio/cultura/recensioni/assassini.htm.

Su Acido Fenico: ballata per Mimmo Carunchio camorrista (2001):

Antonella Barina, Venerdì di Repubblica, n. 693.

Su Romanzo Criminale (2002):

De Cataldo, da giudice ad autore, Corriere della Sera, 16/9/2003.

Enzo Baranelli, www.gialloweb.net/recensioni/romanzocriminale.htm.

Alessia Biasiolo, Il primo grande romanzo dell’Italia criminale, www.nonsololink.com/print.php?sid=715.

Paolo Biondani, Corriere della Sera, 23/12/2002.

Andrea Camilleri, www.carmillaonline.com/archives/2003/07/000359.html.

Id., Un romanzo criminale ma non poliziesco, La Stampa, 5/11/2003.

Grazia Casagrande, Giulia Mozzato (a cura di), www.cafeletterario.it/269/8806160966.htm.

Marco Ciriello, Quando la cronaca si fa romanzo, www.wema.it/art.asp?id=560.

Paolo D’Agostini, Michele Placido: "I miei gangster, eroi da niente", La Repubblica, 23/11/2004.

Roberto Furlani, www.milano.repubblica.it/speciali/libro/7.html.

Alberto Garlini, www.pordenonelegge.it/recensioni/decataldo.html.

Giuseppe Genna, www.carmillaonline.com/archives/2003/02/000011.html.

Marco Neirotti, Tuttolibri, 16/11/2002.

Carlo Oliva, www.gialloweb.net/recensioni/rp203.htm.

Marilia Piccone, www.stradanove.net/news/testi/libri-04a/lapic2801043.html.

Nicola Sansonna (a cura di), www.ristretti.it/areestudio/cultura/recensioni/criminale.htm.

Mirella Serri, L’Espresso, n. 45/2002.

Francesco Sisci, The triangle of violence, Asia Times, 21/12/2002.

Gianmarco Silvestrini, http://digilander.libero.it/paginazero/SOMMARIO/Recensioni/ROMANZO%20CRIMINALE.htm.

Marianna Strani, http://w3.uniroma1.it/dsmc/ricerca/libri/strani0104.html.

Wu Ming, La Repubblica, 28/11/2002.

Wu Ming 1, Wu Ming 4, Wu Ming 5, www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/nandropausa3.html#decataldo.

Su Killers & Co. I racconti inediti dei migliori giallisti italiani (2003):

Carlo Oliva, www.gialloweb.net/recensioni/rp196.htm.

INTERVISTE

Giancarlo De Cataldo risponde alle domande del Camilleri Fans Club, www.vigata.org/altri_autori/cfc_decataldo.shtml.

Claudia Bonadonna, Giancarlo De Cataldo: Cohen poeta, www.educational.rai.it/railibro/interviste.asp?id=102.

Nino G. D’Attis, www.blackmailmag.com/Intervista_a_Giancarlo_De_Cataldo.htm.

Brunella Schisa, Venerdì di Repubblica, n. 764.

Elsa Vinci, La Repubblica, 3/6/2004.

SAGGI

Silvio Cinque, Il crimine di De Cataldo, www.namir.it/uccelli/crimine.htm.

Mazzino Montinari, Writers in Noir, Cineuropa, 8/1/2003.

[1] Cfr. la bella intervista del regista: PAOLO D’AGOSTINI, Michele Placido: "I miei gangster, eroi da niente", La Repubblica, 23/11/2004.

[2] Su questo punto segnaliamo la bella analisi di WU MING, Crimini da romanzo, La Repubblica, 28/11/2002.

[3] M. STRANI, Giancarlo De Cataldo. Romanzo criminale, http://w3.uniroma1.it/dsmc/ricerca/libri/strani0104.html.

[4] F. DENUNZIO, Noir. American Mabuse, in G. FREZZA (a cura di), Fino all’ultimo film. L’evoluzione dei generi nel cinema, Roma, Editori Riuniti, 2001, p. 266.

[5] WU MING, op. cit.

[6] G. DE CATALDO, Romanzo criminale, Torino, Einaudi, 2002, p. 215.

[7] Ivi, p. 573.

[8] G. GENNA, De Cataldo: Romanzo criminale, www.carmillaonline.com/archives/2003/02/000011.html.

[9] Seguiamo in questo senso alcune delle argomentazioni contenute nello straordinario P. RICOEUR, Tempo e racconto, vol. III. Il tempo raccontato, Milano, Jaca Book, 1998.

[10] In particolare Blu Notte, la cui ultima serie è stata dedicata proprio ad alcune delle più feroci organizzazioni criminali operanti sul territorio italiano, tra cui la stessa Banda della Magliana.

[11] Da questo romanzo è stato tratto il film tv Nero come il cuore (regia di Maurizio Ponzi, 1991) con Giancarlo Giannini, andato in onda su Canale 5. In seguito, De Cataldo approntò una nuova versione riveduta e corretta (Nero come il cuore, Milano, I Neri del Giallo Mondadori, n. 10, 2002).

[12] Recentemente ripubblicato, come accennato, presso un altro editore (Il padre e lo straniero, Roma, e/o, 2004).

[13] Pubblicato sotto lo pseudonimo di John Giudice, Onora il padre è la novelization dell’omonima miniserie televisiva che, sceneggiata anche dallo stesso De Cataldo e diretta da Gianpaolo Tessari, è andata in onda nel 2001 su Retequattro.

[14] Dal libretto del magistrato pugliese è stato tratto lo spettacolo teatrale del gruppo Koreya di Lecce, con le musiche della reggae band Sud Sound System.