Grande, senza dubbio, Tony Scott, che delude sempre e quindi finisce col non deludere mai, cosa che accade puntualmente anche con questo Déjà Vu – Corsa contro il tempo che giunto stancamente alla fine lascia dietro di sé una scia, questa sì di déjà vu, sotto forma di una combinazione di Ritorno al futuro con Minority Report, così da tentare di rivitalizzare il genere thriller che negli ultimi tempi sembra passarsela non troppo bene, in particolare ad Hollywood.
Il “viaggiare nel tempo per risistemare ciò che è andato storto” sistema certo più “economico” di qualsiasi guerra preventiva che si sa come inizia e mai come finisce, si sa è tema già ampiamente sfruttato dal cinema con risultati a volte notevoli (Terminator ad esempio).
La circostanza che rende stavolta quanto mai necessario il viaggio è il tentativo di evitare un attentato terroristico opera di un folle (Jim Caviezel), che animato da un errato senso di patriottismo fa saltare in aria un traghetto in quel di New Orleans. L’agente Doug Carlin (Denzel Washington), entrato a far parte di una particolare unità dell’FBI scoprirà non senza l’inevitabile stupore che quest’ultima dispone di un’apparecchiatura capace di ripiegare su se stesso il lasso temporale trascorso da un evento qualsiasi fino ai quattro giorni successivi così da poter imporre agli eventi un’altra direzione.
Va detto che tutta la parte con al centro la più che arzigogolata spiegazione sulla possibilità di viaggiare nel tempo è a scelta confusa/noiosa, e comunque stride con la parte più squisitamente d’indagine annullando qualsiasi effetto sorpresa.
Il perché è presto detto: poiché il passato degli ultimi quattro giorni altro non è che un interminabile flash-back che scorre su una console elettronica, il tutto si riduce all’attesa del fotogramma migliore capace di mostrare in primo piano la faccia del villain e i suoi spostamenti.
L’inseguimento automobilistico a bordo di un Hummer (la madre di tutti i vituperati SUV) che mentre percorre l’oggi ricostruisce lo ieri, lo stile ben noto di Tony Scott (sempre fiancheggiante il videoclip), la natura spiccatamente riflessiva dell’intera storia, dove è chiaro che gli agenti incaricati delle indagini si comportano come gli spettatori di un film, entrambi alle prese con la visione di immagini che viste oggi appartengono in realtà al passato (più o meno remoto), sono tutti elementi che lasciano esattamente le cose come stanno, cioè dalle parti della piattezza espressiva.
Il caso infine vuole che a film finito l’occhio cada a pag. 45 del Corriere (non dello Sport…) sulla pubblicità di un libro: un coniglio bianco fa capolino da dietro la cornice di un quadro. Dentro la prima una seconda cornice identica e un identico coniglio, e dentro la terza idem.
Il titolo? Manco a dirlo I conigli di Schrödinger. Sottotitolo? Fisica quantistica e universi paralleli.
Magari vale la pena di dargli un’occhiata.
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