Per definire La croce incarnata, opera prima di Piergiorgio Pulisci, giovane autore sardo, viene in mente subito un aggettivo: esagerato.
Non necessariamente questa definizione deve avere però un'accezione negativa. Per fare un paragone cinematografico, il libro ricorda per certi versi i film di Quentin Tarantino.
Forse l'accostamento è un po' azzardato, ma rende l'idea. Nel romanzo, infatti, c'è un po' troppo di tutto: troppo male, troppi morti, troppi eroi, troppo dolore, troppo sangue. Tutto questo rende le vicende narrate poco credibili, forse lontane dalla realtà e dalla verosimiglianza, creando una sorta di straniamento da parte del lettore.
Il libro tratta il tema, sempre troppo attuale, delle sette sataniche. Vincent Cave, detective della polizia di New York, si risveglia da un coma durato più di un anno e si ritrova a dover combattere contro La Croce Incarnata, l'organizzazione che ha distrutto la sua vita, uccidendo tutte le persone a lui care. Ma come se non bastasse bisogna fermare anche Apocalisse, uno spietato serial killer, che ammazza senza scrupoli ispirandosi a un libro satanico, per portare a termine il suo macabro rito. Vincent è accompagnato nella lotta dall'amico Brandon Never, agente federale, e da un team di poliziotti e esperti che cerca con ogni mezzo di catturare l'assassino.
Questa in breve la trama del libro, che l'autore affronta con una scrittura molto cinematografica e, se così si vuol dire, spietata. Non mancano infatti descrizioni dettagliate dei delitti, dei combattimenti, delle scene di violenza. Tutto questo, però, allontana il lettore dall'immedesimarsi nella vicenda; il pensiero fisso in chi legge è costantemente: "E' impossibile". Qui entra in scena lo straniamento: tutto è così sopra le righe che è difficile confrontarsi direttamente con il dolore e la morte raccontati, ma anzi li si guarda quasi con distacco.
Questo non entra in contrasto con la trama, che risulta, comunque, dannatamente appassionante. La curiosità di sapere come andrà a finire resta viva fino alla fine. L'autore riesce a costruire un thriller a alta tensione, infilando i suoi protagonisti in situazioni sempre più intricate o pericolose.
Per riprendere il paragone cinematografico, La croce incarnata è la storia perfetta per un tipico film d'azione americano: buoni contro cattivi; eroi provati dalla vita, ma alla fine quasi invincibili; la personificazione del male; i combattimenti all'ultimo sangue...
Una nota di demerito va segnalata nei confronti della casa editrice: il romanzo è assolutamente privo di editing, manca, e si vede, il lavoro di rilettura, di correzione e di impostazione grafica da parte di una figura qualificata per questo.
In generale, il romanzo andrebbe forse ripulito dagli eccessi per essere credibile. Esso potrà piacere o non piacere, l'importante è che il lettore abbia chiari quali sono i suoi orizzonti di attesa nell'approcciarsi alla storia. Se si è in cerca di un thriller puro, allora la vicenda narrata risulterà appassionante e ricca di colpi di scena.
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