La mia variabile era inginocchiata a terra, sputava odio in russo con voce acuta per sovrastare quella di Cimaduomo, i bei capelli appiccicati al sangue sul volto come bende posticce.
Cimaduomo le ha dato un altro schiaffo a mano aperta proprio sulla bocca, ed è come se fosse esploso qualcosa.
Ti ho detto che non devi parlare in russo, le ha gridato. Poi ha fatto un cenno ai due uomini. Si è mosso il toro moro, ha tirato fuori una pistola da dietro la schiena e gliel'ha passata.
Attento a quello che fai, ha detto il finto biondo, Dimitri non sarà contento.
E no, non sarà contento, ha ribadito l'altro.
Cimaduomo ha guardato Letvania, poi ha guardato i due.
A me il russo non mi fa paura.
Poi, per la prima volta, ha guardato anche me.
Voi pensate al parrucchiere.
Il finto biondo mi ha guardato come si guarda un paio di scarpe da buttare. Ha messo la mano dietro la schiena ed ha allungato il braccio armato verso di me.
Altezza petto. Non ha detto una parola. Ha tirato il grilletto.
Ho alzato le mani istintivamente per coprirmi.
La bestemmia del finto biondo e il suo braccio si è ritratto.
Lui che guarda storto la pistola e ci lavora sopra.
Cazzo s'è inceppata, ha detto meravigliato.
Il toro moro gli si è avvicinato con fare interessato.
Ho girato la schiena e sono corso verso l'uscita.
Ho sentito che gridavano tutti, compresa Letvania. Mi sono messo a gridare anch'io mentre spalancavo la porta e scappavo fuori, ed ho cominciato a correre in mezzo a tutta quella sabbia.
Ecco, ora sai tutto.
Ora puoi schiacciare il tasto play e vedere come va a finire.
Eri rimasto al punto in cui mi lasciavo scivolare sulla schiena, il cielo in faccia, aggredito da pensieri sconnessi e rimanevo a terra, liquido.
E pensavo proprio che stavo per morire.
Rapide inquadrature asciutte e senza sonoro.
Le facce dei due inseguitori/Il cappotto nero che svolazza/La fibbia della scarpa del finto biondo/La pistola nella mano del tarchiato/La mano del finto biondo premuta sulla milza/I pochi metri che ci separano/La mia faccia/La lacrima che mi solca la parte sinistra del viso/I miei occhi sbarrati su un cielo bello da innamorarsi/Due fanali gialli e cattivi.
Due fanali gialli e cattivi che tagliano le siepi bruciandomi negli occhi, saltano dentro la stradina pedonale e illuminano rabbiosi i miei inseguitori. Si fermano nel breve rumore dei corpi accartocciati dalle lamiere, in un delirio di polvere gialla. Si aprono le portiere e scende qualcuno. Urlano una lingua di consonanti dure che si rincorrono veloci, e vorrei tapparmi le orecchie quando iniziano a sparare, gridando sempre più incazzati.
Poi arriva una calma assoluta, sento solo il motore che frulla leggero.
Tre ombre si avvicinano senza parlare, credo che mi stiano guardando.
Uno mi si accuccia sopra, negli occhi mi balena il riflesso della luna che sbatte contro la canna lucidissima di una enorme pistola.
Mi guarda senza dire niente, mi guarda bene in faccia. Con la canna della pistola scosta i lembi del mio giaccone, mi controlla il corpo e annuisce. Sembra soddisfatto di quello che ha visto.
Dice qualcosa agli altri, qualcosa che non posso intendere, perché è come se avesse sbiascicato e sputacchiato delle lettere inesistenti. Gli altri non rispondono e si allontanano. Torna a guardarmi fisso e si mette a parlare con voce bassa, con una confidenza che mi angoscia. Parla in russo ma lo capisco senza sforzo, perché leggo tutto nello sguardo, perché sento la tristezza della voce.
Alla fine mi appoggia la mano aperta sul petto per un attimo lunghissimo.
Poi si rialza e ficca la pistola dentro una fondina ascellare sotto il giaccone.
Torna a casa paruchiere, mi ordina freddo.
Le portiere sbattono, la retromarcia fischia sull’asfalto, i fari gialli ripassano sopra i due cadaveri e sulle mie gambe, poi il timbro del motore si dilata nella notte della Versilia.
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