- Con un gommone a motore.

- Sono sempre le stesse persone? hanno un orario fisso? avvisano?

- Tulliani in villa non ha telefono né cellulare. Di solito questa corvé spetta agli allievi.

- Entrano in villa?

- Mai.

- Stamattina non ha visto nessuno venire o andar via?

- No, nessuno.

- Nel caso che qualcuno bussi alla porta?

- Avrebbe aperto.

- Saprebbe indicare quale materiale è stato scaricato questa mattina?

- No.

- Sa dove Tulliani teneva la droga?

- Non ne so nulla, non era certamente un drogato.

- Ne abbiamo trovati cinque, dico cinque chili, in una intercapedine del muretto dinanzi all’ingresso. Solo che appena Tulliani l’ha conservata, ha preso la scossa, ed è volato in cielo, almeno si spera. Non ha avuto il tempo di godersi il piatto freddo della rivincita quasi una vendetta.

Martina si spiegò il perché del ritardo tra l’arrivo di Marco e lo scatto della serratura.

- Lei stamattina quando si è mosso con il gommone, dov’è andato – sparò la domanda l’agente Mirella Sereni al direttore della “Cipuddi”.

- Solito giretto per immergermi.

- Anche nel giorno di riposo?

- A volte il lavoro è una droga.

- Come i quadri vero?

- Sta fantasticando – disse l’uomo rizzandosi sulle gambe poiché era accovacciato.

- In questa storia c’è dentro fino al collo. Tra omicidi e droga ha già un bel posticino assicurato nelle patrie galere.

- Galoppi, galoppi pure con la sua fantasia, alla fine vedremo chi riderà meglio.

- Anche la zavorra che è stata ritrovata nel fondale di fronte alla scuola è tutta una fantasia?

- Se la saranno persa gli allievi.

- E li mandate a recuperarla vero?

Il direttore della scuola in una banda di trafficanti di droga non avrebbe mai avuto la funzione del capo né del tirapiedi che dirige le operazioni. Interveniva in caso di uso della forza.

Marco – considerò Martina - gli avrebbe aperto la porta del soggiorno, ma il caffè non gliel’avrebbe mai offerto perché il sub aveva fretta, era in villa solo per lavoro, l’intervallo l’avrebbe fatto in mattinata. Ripensò all’amicizia tra Gianna Lentuli e l’avvocato.

La barca a remi toccò la riva. Sarebbe stato buio ancora per poco. L’uomo saltò a terra. Prese il pacco e lo depose su un tavolino del Dalì City e risalì a bordo.

L’uomo incaricato della consegna del pane e dei salumi passava molto presto e prima che Franco aprisse il bar: lasciava il pacco sul tavolino.

Marco parcheggiò con tempismo la Panda in via Omiccioli. Si appostò. Appena l’uomo voltò la schiena si diresse verso il bar, in prima, a luci spente.

- Sul luogo dove è stato fregato, piuttosto che sul luogo del delitto – disse Martina all’avvocato che osservava gli occhi sgranati del ritratto di Dalì, acquistato, a poco prezzo, da Franco il proprietario del locale, in Tailandia.

- Lei è solo sospettosa e magari anche un po’ bugiarda – reagì l’avvocato ostentando una calma davvero invidiabile.

- Se non fossero stati ritrovati i cinque chili di cocaina nella villa di Tulliani – era la voce dell’agente Mirella Sereni, sopraggiunta dopo aver controllato i ferri del mestiere di Cubacoschi recuperati dai sommozzatori.

- Aveva escogitato un bel sistema – riprese Martina. L’avvocato le puntò addosso due occhi spalancati per la meraviglia – che quella troietta l’avesse incastrato, proprio lei che di pittura non capiva un accidente. – Il quadro acquistato dall’appassionata Gianna Lentuli era il mezzo ideale, vero avvocato – intercalò – trasformandone il soggetto nel luogo di consegna della cocaina. Senza una parola eccetto normali e banali commenti, lo ha mostrato al direttore della scuola. L’occasione del concerto era quanto di meglio le circostanze offrissero. Tulliani perciò ha avuto una grande e giusta intuizione quando mi ha consigliato di restituire il quadro. Aveva capito che la droga sarebbe stata consegnata dove nessuno l’avrebbe cercata, sotto il sole, praticamente, e gliela voleva far pagare a tutti costi.