Nell’intervallo tra la prima e la seconda parte, al termine del brano “Seis por derecho”, il pubblico si alzò dagli scomodi posti a sedere, i seggiolini che si usano per le conferenze, e la funzionaria mostrò all’avvocato il quadro del quale andava orgogliosa. Marcrini lo osservò con grande attenzione, spiegandone tecnica e particolari al direttore della scuola per subacquei. L’avvocato era un esperto subacqueo, per diletto, mentre la scuola forniva una specializzazione richiesta per la manutenzione di piattaforme galleggianti.

- Apprezzabile - disse rivolgendosi all’architetto, un altro collaboratore. – Siamo tutti in attesa e speriamo che capiti – continuò – un Omiccioli o un Guttuso, tra capo e collo - e mimò spiritosamente con la mano a taglio il colpo – e rivolgendosi a Gianna Lentuli – tutto è possibile.

Il concerto riprese con il “Libertango” di Piazzolla.

- Dipingeva, perché? ha rinunciato?

- Purtroppo sì perché anche lui è stato fatto fuori e giurerei con le stesse modalità seguite per il Tulliani.

- Continui.

- Strangolati. Deve ancora verificarlo l’autopsia, mi limito alle mie impressioni.

- Lei in fatto di notizie catastrofiche è insuperabile.

Spense la sigaretta ne accese un’altra.

- Non è colpa mia. E’ vero – ripetè – che il pittore faceva quadri su misura?

- Su ordinazione. A volte dipingeva ciò che il cliente sceglieva, paesaggio, angolo del paese, sempre nei limiti del possibile - spiegò.

- Un bel modo ingegnoso per vendere, non c’è di che; anche lei sceglieva il soggetto che più le piaceva.

- Non vedo dove voglia andare a parare e non sospetterà che io… - sfoderò la sua aggressività “la borbonica” e con un guizzo felino, attraverso la scrivania, mollò un ceffone con schiocco prontamente restituito con gli interessi da Martina.

La sigaretta che aveva tra le dita le cadde a terra. La pestò con rabbia.

- Gliel’avrei volentieri spenta sulla faccia. Lei viene qui nel mio ufficio – in piedi, indice puntato contro Martina - e insinua che dopo aver commesso due assassinii me ne sto qui calma e tranquilla a pensare alle dichiarazioni dei redditi della gente!

- Non credo che ritrovarsi tra i piedi due cadaveri senza saperne un beato cazzo sia molto divertente – e rifilò un ceffone alla “borbonica” che lo schivò con prontezza di riflessi inaspettata – e non intendo pagare per ciò che non ho fatto.

- E quindi lei starebbe collegando che cosa – gridò e sorrise Gianna Lentuli.neanche fosse stata sotto tortura. – I miei rapporti con Tulliani – continuò - iniziavano e finivano con la sua dichiarazione dei redditi, peraltro irregolare perché pretendeva che gonfiassi le fatture.

- Che significa?

- Riciclava denaro sporco – disse con il tono di chi vuol tagliare corto.

- Però è tutto partito dal quadro che lei ha acquistato da Cubacoschi.

- Che c’entra il quadro con i due assassinati.

- Il quadro lo avevo acquistato poiché il pittore era sicuro che lei non sarebbe tornata dopo averglielo ordinato.

- Questo? – e lo indicò con il pollice alle sue spalle.

- Sissignora – si incazzò – e quando Tulliani l’ha visto e ha saputo la storia della cliente che non si era fatta viva, ha reagito come se conoscesse e bene la cliente. Ho scoperto che era lei solo ieri sera al concerto.

- E di questi quadri che ho qui in ufficio, alcuni di Cubacoschi che cosa mi dice?

- Che potrebbero essere serviti allo stesso scopo, ma lei, non ne sono sicura, non ne sapeva nulla.

- Lei sta solo fantasticando come una giovincella che legge i romanzi Harmony.

- Non potevo sapere che il numero di telefono fosse il suo.

- E la sua amicizia con Tulliani che cazzo c’entra con i cazzi miei.

- Convivevo.

- Non me ne può fregare di meno, che c’entra il mio quadro!

- Ha letto i giornali?

- Lei salta di palo in frasca. Non mi faccia uscire dai gangheri! esca dal mio ufficio!– e le gettò addosso alcune scartoffie anche questa volta restituite con aumentata energia.

“La borbonica” non le aveva detto niente che l’aiutasse a venir fuori dal pasticcio in cui si trovava.