Marco spinse di lato, prendendola per le chiappe, Martina e la svegliò.
- Dove vai?
- Cornetti caldi. A tra poco.
Di solito saltava dal letto sul pavimento per via dei crampi e non la prendeva per le chiappe. Era un effetto del concerto della serata precedente? Provò a rituffarsi nel sonno. Risultati zero.
L’intervallo tra l’arresto del motore e lo scatto della serratura era durato più del solito.
Martina aveva una capacità di misurare il tempo e indicare l’ora precisa, senza orologio, che acuiva il suo già straordinario intuito. Non per niente era del segno dello Scorpione. Si insospettì.
“Che gli fossero caduti i cornetti a terra? Aveva dimenticato le chiavi in macchina ed era tornato a prenderle?”
Era sceso in retromarcia per il vialetto asfaltato fin nei pressi della porta d’ingresso e quindi depositò il pacco in una intercapedine esterna sul muro.
Marco aveva risparmiato un’altra levataccia al garzone del bar ed era invece toccata a lei.
Il getto d’acqua calda la solleticava crogiolandosi, per una mezzora buona, sotto la doccia, l’angolino riservato tutto per sé.
Nel frattempo Marco preparava la colazione. Gli piaceva mangiare molto alla mattina. Uova fritte, caffè, latte, succo d’arancia, biscotti e con il vassoio passava dalla cucina al soggiorno, una grande stanza con porte-finestre con vista sul paesaggio dello Stretto.
Aprì la credenza e prese una bottiglia di Vecchia Romagna.
Il toc toc alla porta che dal soggiorno si apriva sul magazzino attraverso il quale si accedeva anche alla mini spiaggia, lo innervosì perché foriero di qualche seccatura.
A volte capitava che gli chiedessero informazioni o volessero soltanto dirgli buongiorno, ma quella confidenza se la prendeva soltanto il direttore della sua scuola per subacquei. Nessun altro lo avrebbe disturbato a quell’ora.
- Ah! è lei! Davvero una bella sorpresa! – esclamò quando l’uomo si tolse la maschera.
- Che bello rivedersi quando uno non se l’aspetta – sorrise sguaiato il visitatore.
- Davvero una sorpresa! – ripetè Marco Tulliani, gelido.
Le prime luci dell’alba di quella metà settembre, cominciavano ad illuminare il paesaggio ancora selvaggio, nonostante gli abusi edilizi, inclusa la sua villa, della costa frastagliata.
Non era il momento e nemmeno il luogo preferiti da Marco Tulliani per lasciare la faccia della terra.
- Le prendo una tazzina per il caffè.
- Non sono già due?
- Sono le nostre.
Andò in cucina, gettò il residuo di caffè, lavò la macchinetta la riempì, rimise sul fornello a gas il pentolino dell’acqua, prese la tazzina e ritornò nel soggiorno.
- Assaggi i cornetti sono una vera specialità – parlò con la bocca piena, indicando il vassoio -mentre arriva il caffè fresco
L’uomo slacciò il pezzo di rete dal braccio sinistro e poiché non sapeva dove appoggiarlo, Marco gli disse che il bagno di servizio era sulla destra nel corridoio.
Martina si asciugò. Passò nella camera da letto, indossò minigonna, scarpe da tennis, camicetta annodata alla vita.
Scese per le scale. Nel corridoio odore di metallo surriscaldato. Entrò in cucina. Spense il gas. Una dimenticanza, non da Tulliani. Si fermò sulla porta del soggiorno. L’istinto di fuggire fu più forte dell’ autocontrollo. Indietreggiò. Di corsa verso l’ingresso. Si obbligò a ragionare. Tornò verso il soggiorno ed entrò. Tossì. Sangue freddo. Vinse i conati di vomito.
Tulliani era steso a terra, supino, tra il divano e il tavolinetto basso. Un cornetto gli spuntava dalla bocca. Gli era stato infilato a forza? la marmellata gli impiastricciava naso e mento. Un’umida poltiglia con un forte odore di alcol mescolato al caffè era scivolata lungo il collo e il torace, sporcando l’accappatoio bianco trattenuto alla vita da una cintura nera. “Si dilettava anche con il judo?”
Nella sinistra stringeva un altro cornetto, la marmellata scivolata tra le dita.
Udì il motore di una barca da pesca che sfiorava la scogliera.
Era rimasto a braccia spalancate. Occhi sbarrati e vitrei. Marco l’imprenditore sicuro di sé, soddisfatto del proprio successo, era l’immagine della sfiga.
L’oroscopo della giornata gli prediceva “proficui colloqui con simpatici amici”.
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