Prologo

…il caporale rimase qualche istante con le orecchie tese, sorpreso più che in allarme, ma alla fine si convinse del tutto, e diede la colpa del fruscio a un gatto, una volpe, o a qualcosa del genere. Insomma si immaginò un animale qualunque, tanto più che il deposito era isolato in mezzo alla campagna e circondato da un reticolato che faceva acqua da tutte le parti. Pensò che non c’era bisogno di schiodare il culo da terra per andare a vedere in giro cosa stava succedendo. Non disse niente neanche all’aviere di turno con lui seduto poco distante. Ma quello non era certo nella condizione migliore per rendersi utile. Aveva gli occhi che vagavano lontano, assorbiti dalle ore spente della notte, e aveva la testa completamente stordita dal fumo e dalla birra. Il caporale era sicuro che non si sarebbe accorto di niente, neanche se gli avessero sparato una cannonata a mezzo metro.

E così non ci fece più caso.

Curvò le spalle e tornò a fare quello che stava facendo prima: niente. La luce di una luna opaca rischiarava l’angolo del magazzino filtrando da una finestra rotta. Il resto era penombra. E vuoto.

Ma passarono pochi minuti e il fruscio sfuggente divenne un rumore più distinto. Stridente. Metallico.

Il caporale si guardò attorno, poi drizzò le antenne.

“Cosa c’è caporale? Mi sembri un’anima in pena.” Disse l’aviere.

“Non hai sentito niente?”

“No. Però a guardarti con la faccia che hai adesso mi fai venire in mente che una volta…”

“Taci.”

“E dài, lascia perdere. E’ una bella storia, fa ridere, te la posso raccontare.”

“Ti ho detto di tacere.” E prese la sigaretta dalle labbra del sottoposto.

“Ma tu sei paranoico, chi vuoi che venga a fare dei rumori in questo buco del culo del mondo?”

E tre. Un tonfo. Questa volta ancora più vicino, almeno così pareva al caporale. Si alzò in piedi, lentamente ma tendendo le orecchie nel silenzio che improvvisamente si era messo a ronzare di una musica tutta sua. Anche l’aviere si zittì.

Gridò chi va là due volte di seguito.

Le parole gli tornarono indietro rimbalzando nel vuoto.

Il caporale immobile, senza un pensiero, rimase a guardare nella penombra, poi si spostò di lato, e gridò ancora, ma questa volta con voce sicura, prepotente, come gli avevano insegnato al corso. Ancora silenzio. Così si decise a fare due passi in avanti imbracciando l’SC 70/90 in dotazione.

“Stai accorto caporale" disse l’aviere facendo un verso con la bocca tra lo sbadiglio e il rutto "quell’arma è micidiale… dove la punti spara."

“Non è una novità, le fanno apposta.”

“Ma questa di più… forse perché le altre non le conosco.”

“Tutte le armi dove le punti sparano.”

“Solo quelle degli altri. Le mie non centrano neanche le chiappe di un elefante a venti metri.”

“Sei tu che devi saper puntare giusto.” E si mosse di qualche altro passo. Finalmente vide il profilo di un corpo buttarsi in avanti per appostarsi dietro un angolo e sparire subito dopo dalla sua vista. Il caporale si rilassò in un mezzo sorriso. Soffiò sulla brace della sigaretta e sparse nell’aria una leggera pioggia di scintille.

Ti credi furbo, pensò, ma decise di dargli ancora una possibilità. Gridò alt, e chi va là, per la quarta volta, ma ancora senza risposta. Tirò l’ultima boccata, fece cadere la cicca a terra e la pestò con gli scarponi d’ordinanza. Puntò l’ombra proiettata fuori dal riparo dei cassoni con i pezzi di ricambio per elicotteri. L’altro fece passare qualche secondo poi sgusciò fuori dal rifugio piegato verso terra muovendosi a zig zag per cercare un nuovo nascondiglio.

Il solito giochetto. Pensò il caporale. Ma stavolta ce l’hai in culo... Sorrise muovendo le labbra mute ...i can get no satisfaction... il motivo incominciò a frullargli in testa spuntato da chissà dove, mentre scrutava nella penombra oltre il mirino con un occhio chiuso e l’altro aperto con l’arma che seguiva il contorno della sagoma in azione ...i can get no... lo sapeva che il tenente cercava di fregarli tutti e due. Lo faceva d’abitudine, la carogna, con chiunque, e aveva più giorni di consegna sulla coscienza lui di tutti gli altri ufficiali messi insieme. Per il tenente in caserma erano tutti un branco di buoni a nulla, e anche questa volta era sicuro di beccare i due di turno al posto di guardia stesi sui cartoni a dormire. E se non era perché dormivano li avrebbe fottuti con qualche altra scusa, regolamento alla mano.