- Quello..ehm… pelato…-

- Si, e poi è venuto lei. E per il resto poi ve la siete vista voi.

- Già. Ma mi dica, signora, conosceva bene il signor Simoni?.

- No, proprio bene , no. Ci conoscevamo di vista, solo buongiorno e buonasera. So che aveva circa trentacinque anni e abitava in quall’appartamento da due anni. A dire la verità, commissario, non mi faceva molta simpatia. Ma neanche posso dire che era un poco di buono. Anzi, a quanto mi ha detto la padrona di casa, veniva da una buona famiglia. Suo padre è un importante avvocato di Asti, a quanto ne so. Lui, intendo Andrea, si era laureato e ogni tanto insegnava anche nelle scuole. Solo che, non posso farci niente, pure se laureati, quelli con i capelli lunghi, gli orecchini e i tatuaggi non mi piacciono. Che ci posso fare, commissà, sono all’antica!

- Aveva mai visto la ragazza prima di ieri, voglio dire, la presunta assassina?

- La matta, vuole dire? No, veramente no.

- Sapeva se Andrea Simoni aveva una ragazza, una fidanzata…

- Aveva avuto una ragazza, lo so perché la collaboratrice domestica della signora Restivo aveva lavorato pure a casa dell’avvocato Simoni, e le aveva raccontato, intendo dire alla signora Restivo che Andrea aveva avuto una ragazza per tanto tempo, poi però si erano lasciati. E la signora Restivo l’ha detto a me. Ma non so se la morta era la sua ragazza o se lo era l’assassina. Questo proprio non lo so.

- E meno male che non lo conosceva bene! – pensò Garavani – Al confronto di certe signore l’FBI sembra solo un circolo del bridge. Ma disse solo:

- Grazie , signora, c’è stata di grande aiuto. –

E la congedò.

3

E’ colpa tua. E’ colpa tua se sono qui, seduta su questa specie di panca dentro questa gabbia. Dove sei? In quale parte della mia mente sei sepolto? La mia mente in questo momento è un puzzle scombinato ed è difficile raccogliere e riunire i pezzi. Tu adesso sei a pezzi, sei a pezzi e sparso nella mia mente, ma i sentieri per raggiungere i tuoi pezzi sono tortuosi. La bellezza delle sensazioni quando stavo con te, quella no, non riesco a scordarmela, ce l’ho attaccata alla pelle. Quando ti vedevo passare in bicicletta col tuo zaino, come un ragazzino, con l’aria da ragazzino, quell’aria dolce e svampita che mi faceva impazzire. Andavi di fretta, sempre di fretta. Avrei voluto fermarti, ma mi mancava la scusa, e forse il coraggio. Resta, avrei voluto dire, non muoverò un dito, non dirò una parola che possa infastidirti, me ne starò buona buona, ti chiedo solo di restare qui ad ammirarti, a contemplarti, come si contempla una farfalla da dietro un vetro, che il minimo movimento, anche il più impercettibile, potrebbe far volare via. Ma resta, resta. Eri sfuggente e inafferrabile come una farfalla, eri la mia farfalla, il mio angelo caduto sulla terra. Una volta ho sognato un angelo bagnato e piangente, seduto su una panchina. Aveva il tuo aspetto, i tuoi capelli lunghi, le tue sembianze e i tuoi vestiti, mi sono avvicinata per consolarlo, l’ho baciato dolcemente sulla bocca e l’ho condotto via con me.

E ti ricordi la prima volta che siamo usciti? Eh? Te la ricordi? Al tavolino del bar mi raccontavi di te e io ti guardavo, assorbita dalle tue parole e rapita dai tuoi occhi, dalle tue mani, dalle tue dita lunghe e sottili. Le tue dita lunghe e sottili che si muovono seguendo la musica delle tue parole. Immaginavo le tue dita che accarezzano le corde della chitarra, le immaginavo sulla mia pelle. Ti guardavo e pensavo sei la mia farfalla, leggera e ineffabile, delicata e fragile, come un soffio di vento. Una farfalla che si posa dolcemente nel palmo della mia mano, per restare un attimo e poi volare via, svanire nell’aria, mentre la seguo con lo sguardo. Come una farfalla sei volato via, e adesso non ci sei, non ci sei più, e io non ci sono, non ci sono mai stata nei tuoi occhi lontani, persi in chissà quali orizzonti. Ti ricordi che mi raccontavi di quel film ..cos’era.. russo, forse? Quel meteorite caduto sulla terra, che si diceva realizzasse i desideri. E quell’autista che non si voleva avvicinare, non voleva accompagnare i turisti troppo vicino, perché aveva paura, paura che i propri desideri si realizzassero. Abbiamo il coraggio di guardare in faccia i nostri desideri più nascosti? mi dicevi. Abbiamo il coraggio di affrontarli, anche quando ci portano alla distruzione di noi stessi e degli altri?