- Lei è siciliana? – chiese Garavani, che aveva riconosciuto un accento familiare.

- Si, di Bronte, provincia Catania.

Anche lui era siciliano, di Caltanissetta, ma era una vita ormai che viveva a Torino. Si era trasferito lì sin dai tempi dell’università e non era più tornato. Sarà per il suo accento ormai irriconoscibile, sarà per il suo carattere riservato, quando diceva di essere siciliano, tutti si meravigliavano , e poi pronunciavano l’immancabile frase “non sembra proprio”, come se i siciliani parlassero solo in dialetto o ballassero sempre la tarantella per strada.

- Bene, signora, andiamo ai fatti di ieri sera, mi ripeta quello che ha visto nell’appartamento appena è arrivata lì.

- Gliel’ho già detto, commissà, quando lei è arrivato, come si dice, sul luogo del delitto. E ancora prima gliel’avevo detto a quell’altro commissario, quello pelato… - Garavani si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere. Quello pelato era il suo vice Migliani. Aveva il complesso della calvizie, e ne aveva tutte le ragioni – Glielo devo dire, a Migliani – pensò – si incazzerà come una bestia” –

La signora intanto continuava.

- Le dicevo, ero a casa della signora Restivo che mi stava dicendo che suo marito era stato in ospedale, quando abbiamo sentito un botto. Sembrava qualcosa che era caduto, e per questo non ci abbiamo fatto caso. Proveniva dal piano di sotto, che sarebbe il piano dove abito io e pure quel poveretto che è stato ammazzato, il signor Simoni. Poi però si è sentito un urlo, sempre dallo stesso posto. Mi sembrava la voce del signor Simoni, mi sembrava proprio lui. E subito dopo un’altro botto, come prima. Tutto questo rumore c’è sembrato strano e così sono andata a vedere. La signora Restivo è rimasta a casa, perché non se la sentiva per il mal di schiena e non voleva lasciare solo il marito che era ancora ammalato. Sono andata solo io a vedere cosa era successo. Appena sono arrivata nel pianerottolo, ho visto che l’appartamento del signor Simoni era aperta. Mi sono avvicinata e ho bussato. – E’ permesso?- ho chiesto. Non rispondeva nessuno. Ho pensato che magari era un po’ strano che, con la porta aperta, in casa non ci fosse nessuno. Ho chiamato il signor Simoni e ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa, ma non mi rispondeva nessuno di nuovo. Allora sono entrata, perché sentivo dei rumori leggeri leggeri . Eh, commissà, ho sessantacinque anni, ma il mio orecchio è ancora fino.

- Non ho dubbi. – disse il commissario, immaginando la signora Serto che origliava alle porte dei vicini quando alzavano un po’ la voce, e magari anche quando la tenevano bassa. Ma la signora non colse la sfumatura ironica e continuò a raccontare, anche con una certa partecipazione, come se pensasse di essere in un film o in un racconto giallo. Ma un film non era e quei due poveretti, qualsiasi fosse stata la loro colpa, semmai ne avessero avuta una, erano morti davvero, e in maniera orribile.

- ..conoscevo un pò la casa perché sono amica della signora, la padrona, quella che ha affittato l’appartamento ad Andrea Simoni. Il rumore, che sembrava più un lamento o una cantilena, sembrava provenire dalla camera da letto e io lì andai, dritto dritto, attraversando tutto il corridoio. Lì, commissario ho visto l’inferno addrumato, l’inferno acceso! Ancora mi sento male a pensarci, commissà, stavo per svenire. – Ma lei stessa sapeva che non era tipo da svenire, neanche davanti a quella carneficina e lo stesso pensava il commissario. – Nella stanza c’era tanta confusione, tanti strumenti elettronici, come quelli, non so come spiegarmi, che usano le bande rock, quelle che fanno i concerti.-

- Si, le bande rock..- pensò il commissario, immaginando Jim Morrison con trombone e grancassa che sfilava per le strade con davanti le majorettes.

-..si, e ogni tanto provava con questi strumenti, che facevano un casino del diavolo e mi faceva la testa quanto una casa. Però devo dire che smetteva quasi subito. Tutto sommato, non mi posso lamentare di lui. Comunque, le stavo dicendo, sono entrata e ho visto ..C’era sul letto nuda, girata su un fianco e con il braccio che penzolava dal letto una donna, che non sembrava più una donna in carne e ossa, ma una bambola di pezza, tanto era morta! E, accanto a lei, il signor Simoni, anche lui nudo e morto, poggiato sullo schienale del letto, con gli occhi che guardavano in alto e una smorfia in faccia, che pareva una maschera. E tanto, tanto sangue, tutto intorno, madonna mia quanto sangue! Sulle lenzuola, sulle coperte, sangue che colava sul pavimento. Pareva l’acqua che cola dalle tubature rotte. E accanto al letto, rannicchiata in un angolo, quella ragazza, quella pazza, pure lei tutta sporca di sangue, che si dondolava e cantava qualcosa. Aveva gli occhi fissi nel vuoto e una pistola in mano. Mi sono presa di paura, sono scappata in casa mia e ho chiamato la polizia, cioè voi. E poi è venuto quall’altro commissario, con gli altri poliziotti che se la sono portata via.