La signora che doveva essere un po’ incosciente li invitò nel suo appartamento.
Era un bilocale piccolo, arredato però con cura e ben tenuto. La signora era di mezz’età, bassina, con la faccia tonda e simpatica.
Li fece accomodare e offrì loro una fetta di torta fatta in casa.
- Sono molto brava a fare i dolci. Li divido con il vicinato, e con mio nipote, quando viene a trovarmi. Gugliemo è mio nipote, figlio di mio fratello. Lei è il medico che l’ha operato?
- No, signora, io vengo da un’altra città. Sono qui per lavoro, in un certo senso… Diciamo che ci occorrono informazioni sui pazienti che hanno subito un trapianto.
- Oh, non me ne parli. Non sa che paura per Gugliemo, eravamo tanto in pena, non viveva più povero ragazzo, e il cuore c’è sembrato un miracolo.
- Mi scusi, signora – intervenne Dario – ma suo nipote dov’è?
- È in vacanza. Finalmente sta bene e si è preso un po’ di ristoro. Lo abbiamo aiutato tutti economicamente e continuamo a farlo. Io non ho figli e lui è il mio unico nipote.
- E non sa dove è andato?
- Mi ha detto che avrebbe girato l’Italia. L’altro giorno mi è arrivata una cartolina da Genova, però si sposta in continuazione. Ogni tanto mi telefona, è così contento, non mi sembra ancora vero che stia bene. È una tale gioia.
- E i suoi genitori sanno dove trovarlo?
- No, li chiama sempre lui. Anche perché ha il cellulare spesso spento. Vorrà godersi le vacanze in pace, i suoi sono molto apprensivi. Anch’io veramente.
- Ha una sua foto? – chiese Gianluca.
- Sì naturalmente, tante. Gliene prendo una.
Tornò con un paio di foto, una con il giovane serio e un po’ pallido, l’altra con un ragazzo di nuovo in forze.
- Avete visto che cambiamento, è rinato, e lo dobbiamo a lei dottore.
- Le ho detto che non sono stato io a operarlo.
- Sì, ma mi riferivo a quelli come lei, io prego sempre per voi, ogni sera.
- Grazie signora.
Dario stava ancora contemplando la foto. Quel viso lo aveva catturato, gli sembrava familiare. Assurdo e mostruoso, si adirò, si stava facendo suggestionare da quel pazzo.
- È meglio andarcene – disse a Gianluca.
- D’accordo. Se dovesse sentirlo, non gli dica che siamo venuti, non è necessario allarmarlo. Il nostro è solo un controllo di routine.
La signora Ottaviani li accompagnò alla porta. Dalla finestra li osservò uscire dal palazzo e andò al telefono.
- E ora? – erano seduti in macchina nella piazza della città e guardavano i passanti. Era l’una, ma non avevano voglia di pranzare. Dario era come sempre il più inquieto dei due.
- Non lo so.
- Grazie dottore, adesso mi sento meglio.
- Dario, per favore… sto riflettendo.
- Forse dovremmo rientrare.
- Non lo so.
- La pianti di rispondere non lo so?
- Questo Gugliemo, se abbiamo sbagliato dobbiamo ricominciare daccapo.
- Su quali basi? Non abbiamo altri elementi, su nessun altro. Pure la polizia…
- Brancola nel buio, come si dice di solito. Pensavo che forse lui finirà per contattarti non più anonimamente. Non credo che ucciderà all’infinito senza avvicinarsi a te, è a te che mira.
- Perché?
- Probabilmente vuole che tu spartisca con lui tutto fino in fondo, magari che non ti limiti più a fare lo spettatore. Protrebbe ritenere che una cosa così piacevole debba essere condivisa con chi gli ha dato la possibilità di realizzarla.
- Mi stai facendo paura.
- Sono solo mie ipotesi, ci occorrerebbe uno psicologo, ne conosco uno a cui potremmo rivolgerci.
- No, c’è già troppa gente in questa storia.
- Ma chiunque possa aiutarci…
- No! I miei genitori hanno passato le pene dell’inferno, non voglio che arrivi loro qualche voce. Meno persone sanno, meglio i pettegolezzi possono essere tenuti sotto controllo.
- Non sono d’accordo, parlavo di un collega del quale ho fiducia. Ma facciamo come desideri tu. E torniamo in città, almeno là sappiamo come muoverci.
- Come se ci fosse servito a qualcosa finora! – concluse mestamente Dario.
Carmen li aspettava a casa di Dario a braccia aperte, speranzosa. Il sorriso durò poco, il tempo di aggiornarla su ciò che avevano scoperto. Discussero per un po’. Carmen se andò presto, doveva recarsi al lavoro.
Gianluca e Dario rimasero a conversare, di lavoro, di sport, di amicizia. Trascorsero il resto della giornata insieme, tanto il medico era libero. Decisero di andare a cena alla trattoria, da Carmen.
Solo che Carmen non c’era.
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