Mi piaceva sfogliarli, guardare le figure e immaginare grandi avventure. Lui invece di dirmi di stare buono e zitto mi metteva in mano un nuovo arrivo e io mi ci perdevo. Gli avevo promesso di non strapparli, di trattarli con rispetto e lui mi aveva dato fiducia. È importante per un ragazzino, per me almeno lo era tanto. Non l’ho mai dimenticato. Non sai che pena due anni fa quando l’ho rivisto in ospedale, e non ho potuto fare niente per tuo fratello.

- Neppure io, e avrei voluto tanto.

- Non crucciarti. Piuttosto, la tua amica, quella che era con te ieri?

- Carmen? No, è meglio non dirle nulla. È già troppo coinvolta e ho paura per lei. Magari le telefonerò mentre saremo in viaggio.

- Io ti capisco, però lei comprenderà?

- Lo spero, insomma se ne farà una ragione. Non avrà altra scelta.

- D’accordo, quando partiamo?

- Domani, chiederò a mia madre o a mio padre di badare alla libreria. La cosa non dovrebbe andare per le lunghe, ma non si sa mai.

- Domani alle otto sarò qui, andiamo con la mia macchina, ti va?

- Grazie. Mi chiedo chi te lo fa fare.

- Ormai voglio risolvere il mistero, almeno per capire se ho compromesso la mia carriera per niente, per una falsa pista.

- Lo so che c’è questa probabilità, è che da qualche parte dobbiamo iniziare.

Si salutarono con una stretta di mano.

Dario aveva la sensazione di aver trovato un amico e Dio soltanto sapeva quanto ne avesse bisogno.

Alle dieci erano già arrivati. Non era stato un tragitto pesante, i due si erano conosciuti meglio chiacchierando di tante cose. La loro indagine era stata messa momentaneamente da parte.

Dario aveva corso in autostrada come un pazzo, ma Gianluca non si era lamentato, si era allacciato la cintura di sicurezza e non aveva fiatato, comprendeva che non c’era tempo.

Andarono subito al vecchio indirizzo dell’ex paziente, il signor Ottaviani, Guglielmo Ottaviani.

Non trovarono nessuno all’appartamento del terzo piano. Con la scusa di essere due addetti alle ricerche di mercato, interrogarono gli altri inquilini, poi passarono ai negozianti di zona.

Il signor Ottaviani era un uomo alto, bruno, affabile. Socievole, soprattutto. Sembrava che lo conoscessero tutti nei dintorni. E tutti erano pronti a giurare che brava persona fosse. Certo non ne veniva fuori il ritratto di un serial killer.

- Non abbiamo concluso un accidente – Dario era un fascio di nervi quando lasciarono il quartiere. – Non abbiamo niente in mano.

- Sta’ tranquillo – lo esortò il dottore. – Abbiamo avuto delle informazioni che ci porteranno da qualche parte.

- Dove, maledizione! Devo chiamare Carmen.

La telefonata fu breve, con una novità discreta, se non buona: nessuna nuova vittima.

- Vedi? – disse il medico. – E magari ci stiamo avvicinando. Abbi fiducia.

- Sai cosa stavo pensando? Che questo Guglielmo può non entrarci per niente, in fondo che ne sappiamo, quel pazzo può aver letto dell’incidente di mio fratello su un giornale ed essere giunto a me. La nostra città non è particolarmente grande, può essersi attaccato a me per un suo recondito motivo.

- Sì, però dobbiamo anche vagliare l’ipotesi che il nostro uomo sia proprio Ottaviani. Sai cosa devi tenere sempre a mente? Che non è colpa tua. Non puoi sentirti responsabile per le sue azioni, devi pensare che nella sua testa è scattato qualcosa di cui tu non devi farti carico.

- È bello sentirtelo dire, ma non è facile crederlo. Mi piacerebbe molto, però ho visto i volti di quelle ragazze.

- Così fai il suo gioco e invece dobbiamo essere lucidi.

Prese l’incartamento dall’auto e lo scorse: Gugliemo Ottaviani, età 29, celibe, etc.

- Se non siamo riusciti a parlarci, potremmo provare con i suoi parenti. Ne avrà!

- Forse non è lui.

- Andiamo – il medico lo tirò per un braccio.

Entrarono in un bar e ordinarono due caffè. Dario era al quinto o al sesto, aveva perso il conto.

Gianluca cercò il telefono e trovò l’elenco telefonico.

Gli Ottaviani erano tanti, riempivano tre colonne. Senza farsene accorgere, strappò la pagina e la intascò.

Raggiunse il compagno.

- Finirai per non controllarti più con tutta questa caffeina.

- Non fare il dottore con me.

- E cosa dovrei essere? È la mia vita. E pure deformazione professionale. Tuttavia fai come vuoi.

- Scusami. Dividiamoci quei nomi e telefoniamo.

Il tempo passò tra una telefonata e un’altra, venne sera e finalmente a piè di pagina trovarono un parente, anzi una parente di Ottaviani.