- Carmen, andiamo - Dario si alzò e si avviò alla porta. – Lei non capisce niente. È una questione di vita o di morte!

- Venga qui, si risieda – il medico gli andò incontro. – Mi riferisca quello che le è successo, nei particolari, mi raccomando, e dopo le dirò se sono in grado di aiutarla. E soprattutto se desidero farlo.

Dario guardò Carmen che annuì. Cominciò a parlare, in realtà era quello che voleva pure lui, aprirsi con qualcuno che potesse finalmente alleggerire il peso che si portava addosso da settimane. Il dottore ascoltò fino in fondo senza mai interromperlo.

Poi si alzò, fece il giro della scrivania e si sedette sul bordo di fronte alle loro poltrone.

- È una storia pazzesca! Non ne avevo mai sentito una uguale. E spero che sia vera, di potermi fidare di lei.

- Non inventerai mai una cosa simile. Come può crederlo?

- È la verità, glielo giuriamo – intervenne Carmen. – Dario non avrebbe nessuno scopo per architettare una storia del genere. Non guadagna nulla da ciò, solo altra sofferenza.

- Mi ha parlato delle scarpe, perché non va alla polizia?

- Perché avrebbero gli stessi dubbi che a lei, soltanto che loro mi terrebbero in stato di fermo, per interrogarmi, magari mi riterrebbero il colpevole e quel bastardo potrebbe rifarsi vivo nel frattempo.

Il dottore li fissò per qualche minuto.

- Deve essere terribile per lei, dopo anni questo rinnovarsi del dolore… - disse. - Non posso pensare che un simile essere giri libero per la città; avevo letto degli omicidi, ma le confesso senza attenzione. Sono talmente impegnato che quello che capita fuori di qui mi pare lontano. E vuole una soluzione da me… Ma l’etica professionale… Certo che se fossi padre non le farei proprio uscire di casa le mie figlie. Mi ha messo davanti a un bel dilemma! E il tempo stringe.

- Dottore, ci aiuti. Il maniaco potrebbe colpire di nuovo, non c’è una distanza che posso calcolare, passano i giorni e mi arriva un messaggio, però non con intervalli regolari. E così non posso neppure profetizzare il prossimo delitto.

- Già, tuttavia non possiamo stare inattivi. D’accordo, le farò avere i dati prima possibile. Non sarò io a fare ostruzionismo al punto in cui siamo. Credo che sia mio dovere salvare le vite.

Si strinsero di nuovo la mano e si salutarono cordialmente. Dario fuori dallo studio tirò un sospirò di sollievo.

Già l’indomani il medico si presentò con una cartellina rossa.

- È tutto qui, lei capisce che fine farebbe la mia carriera se si venisse a sapere che ho spulciato negli archivi. Tenga, è meglio.

Dario lo fece entrare e gli offrì del caffè.

- Il suo indirizzo e-mail secondo lei dove l’ha preso? – chiese il dottore.

- È quello della libreria, è facilissimo averlo, è nelle pagine gialle e persino sui miei biglietti da visita.

- A quando risale l’ultimo messaggio?

- A cinque giorni fa e io sono sulle spine.

- Lo immagino, vedrà che ora arriveremo alla risoluzione.

- Sì, dottore, ma…

- Chiamami Maurizio. Penso che siamo coetanei.

- Grazie Maurizio, quindi qui dentro c’è il nome dell’assassino. Non mi sembra vero di averlo così vicino.

- Non voglio frenare il tuo entusiasmo, però c’è l’eventualità che abbia cambiato nome.

- Non penso certo di trovarlo nell’elenco telefonico, ma è un inizio, finalmente qualcosa di concreto – berciò Dario.

- D’accordo, d’accordo, non mordere.

- Perdonami, ho i nervi a pezzi.

- Non fa niente, parliamo piuttosto di come agire adesso.

- Dovrei partire dalla città dove abitava prima per scovare qualche indizio.

- Dobbiamo.

- Come, scusa?

- Penso di prendermi qualche giorno di ferie, questa storia mi ha intrigato, e poi ho necessità di una pausa.

- Questo non è un gioco!

- Lo so bene! Io ho un’altra idea del gioco. Ritengo che in due potremmo farcela in minor tempo, che è quello che ci manca, e io come medico ho più credenziali di te. Basterà che mi qualifichi, che inventi qualche motivo di salute e chi ha notizie parlerà. La gente, be’, la maggior parte, ha una coscienza, non lascerebbe un poveretto che ha già tanto patito senza sostegno.

- Speriamo che tu abbia ragione. Ma perché mi stai aiutando?

- Proprio lo stesso motivo. No, veramente è merito di tuo padre.

- Mio padre?

- Lo conosco da anni, mio padre era cliente della vostra libreria e lo stimava. Lui era molto gentile con me, anche se ero un terremoto da bambino e mettevo a soqquadro tutti i libri.