- No, non volevo… Non essere suscettibile, non ho retto più, tutto qui.
- Scusami, hai ragione, tu hai tanti problemi e mi ci metto pure io con le mie sciocchezze. Sai, a volte capito qualche idiota che ti fa sentire una nullità, come se tu fossi lì solamente per servire lui.
- È una brutta giornata anche per te?
- Pessima, è che questo lavoro mi serve, per pagarmi gli studi.
- Ah, in cosa sei iscritta?
- In legge, al terzo anno.
- Ma sei proprio piccola! Quanti anni hai?
- Ventiquattro, non sono piccola. E che tu con i tuoi trentacinque anni sei vecchio.
- Ah, grazie! Spesso me ne sento addosso molti di più, scusa la retorica.
- Figurati, a volte è vero. Certi giorni anch’io… Lasciamo stare.
- Sì, comunque ho trentotto anni, quindi sono davvero un vecchietto rispetto a te.
- Be’, diciamo che ancora non sei da ospizio, ancora qualche anno di libertà prima di rinchiuderti lì dentro ce l’hai.
- Molto gentile! Ah, che mancanza di rispetto in questa gioventù.
Risero insieme e continuarono a chiacchierare finché il capo di Carmen non andò a protestare. Dario se ne tornò al lavoro di umore quasi sereno. Ma l’angoscia lo assalì appena mise piede in negozio. Pensò che la nuova vittima del maniaco era una ragazza come Carmen. Scappò a comprare i giornali.
E infatti c’era, in prima pagina come la prima volta. Una ragazza innocente, carina, bionda con occhi chiari, aveva ventitré anni. L’avevano trovato sotto un ponte, nel parco della città, era stata strangolata, non l’avevano violentata.
Il solito rituale: non aveva le scarpe.
E ora cosa doveva fare: aspettare il nuovo pacco inerte o agire? Agire, era ovvio, scontato e necessario. Poteva contare solo sulle sue forze. E c’era in quel mare di niente un unico appiglio.
Si appostò ogni giorno per l’arrivo del pacco. La libreria poteva attendere. Non credeva certo che l’assassino sarebbe stato tanto stupido da consegnarlo personalmente, ma poteva seguire la persona incaricata e arrivare a lui, o almeno da qualche parte. Sempre meglio della staticità nella quale si trovava al momento.
Al terzo appostamento lo vide, un pacco grande e un ragazzino che faceva fatica a portarlo. Gli si incollò e non lo mollò mai fino a che non si infilò in un palazzo. Salì le scale lentamente e lo scorse entrare in un appartamento al secondo piano.
E adesso? Non poteva andare a bussare, ma neppure rimanere lì, magari il maniaco era dietro quella porta.
Fece i gradini di corsa e suonò. Si diede dello stupido per non aver portato un’arma – ma dove prenderla poi? – però aveva deciso, quella sofferenza doveva finire in un modo o in un altro. Sperò soltanto di poterlo raccontare a Carmen.
Si appiattì accanto allo stipite per levarsi dalla visuale dello spioncino. Udì dei passi. Devo essere coraggioso, si disse, per quelle ragazze, ma stava tremando.
La porta si aprì lentamente e una figura piccola uscì sul pianerottolo.
- Chi è? – chiese una vocetta stridula.
Dario scivolò quasi sul pavimento. Era una vecchietta, una innocua vecchietta. Che sospiro di sollievo!
- Mi scusi, signora…
- Oh, Dio, giovanotto, mi ha fatto venire un colpo.
- Non volevo, glielo assicuro, è solo che… c’era un bambino che è entrato da lei e mi domandavo….
- Cosa?
- Chi era. Mi scusi, le sembrerò un matto.
- Sì, infatti, io non avrei dovuto aprire la porta, me lo ripete continuamente mia figlia. Ma sa io mi sento sola e persino un venditore di enciclopedie è ben accetto. Lei me ne vuole vendere una per mio nipote? Mi dispiace, giovanotto, ma dovrebbe parlarne con mia figlia.
- Il bambino è suo nipote?
- Sì, sì, cos’è un po’ sordo? Non compro niente.
La donna stava per richiedergli la porta in faccia.
- No, signora, la prego, è importante, devo sapere qualcosa da suo nipote, non la disturberei altrimenti.
- Da Guido? Perché non me l’ha detto subito? È una peste, mia figlia me lo affida, però io non ce la faccio a stargli dietro. Che ha combinato? È una vera peste, sempre in giro a cacciarsi nei guai, pensi che l’altro giorno ha rotto tutti i vetri della finestra di un nostro vicino. Lui voleva pagati i danni e non voleva sentire ragioni, io non avevo soldi in casa e mia figlia era fuori città per lavoro, come capita spessissimo. Sa, il marito, mio genero, non c’è più. No, no che sia morto, anche se mia figlia dice che è come se lo fosse….
- Signora! – proruppe Dario. Doveva bloccarla, non farsi travolgere da quella logorroica. - Guido, ricorda? Volevo parlargli.
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