Il sacrificio di suo fratello aveva avuto quel risultato? Era stato tutto vano, anzi addirittura letale? C’era una persona che faceva del male agli altri e loro, lui e i suoi genitori, che avevano accettato i trapianti ne erano responsabili?
No, no, si disse, non poteva crederlo, fissarsi su quel genere di idea. Era proprio ciò che voleva quel bastardo, renderlo suo complice, ugualmente responsabile.
E non era vero, Piero aveva deciso in vita di fare qualcosa per gli altri, loro lo avevano accontentato e il suo gesto non poteva perdere valore solo perché un maniaco faceva un pessimo uso della sua rinascita.
Non era colpa di nessuno, né sua, né dei medici, né della generosità di suo fratello. Era soltanto colpa di una mente malata. Avrebbe voluto sapere a chi rispondere tramite e-mail, inviare degli insulti, delle minacce, il suo disprezzo. Ma forse sarebbe stato meglio rivolgersi alla polizia.
Dario passò una bruttissima settimana. Si collegò in rete tutti i giorni per paura di un messaggio e quindi di un nuovo omicidio, ma non ebbe notizie.
Alla fine aveva deciso che non poteva andare alla polizia, aveva paura, aveva la scarpa, e se avessero pensato che era lui l'assassino? Che avrebbe fatto? Non poteva mostrare il computer, non avrebbero creduto a una prova così labile.
E sapeva di non avere un alibi, dato che stava spesso da solo. Non aveva neppure un movente, ma che motivazioni possono avere delle morti così illogiche?
Dario entrò in rete. Purtroppo c’era un nuovo messaggio.
Breve e ficcante:
UN’ALTRA VITTORIA, UN’ALTRA DA ANNUNCIARTI. UN’ALTRA RAGAZZA CHE HA FINITO DI INGANNARCI. A PRESTO.
Era assurdo, gridò a se stesso, chi diavolo stava tentando di farlo impazzire?
Uscì per strada dopo aver messo sulla porta della libreria il solito cartello” Torno subito” anche se non aveva nessuna voglia di rientrare, né in breve, né mai.
C’era qualcosa in lui che gli diceva di scappare, di scordarsi di tutto, che lui aveva già avuto la sua dose di sofferenza, una dose che sarebbe bastata a chiunque per una vita intera. Non sapeva che fare, era bruttissimo sentirsi impotenti, stare ad aspettare… cosa? Un’altra morte? L’ennesima vittima? Si ritrovò senza capire come nella trattoria, probabilmente perché era il suo tragitto abituale.
Carmen sorridendo gli andò incontro.
- Ciao, che bello vederti!
Poi lo guardò meglio in faccia.
- Ma tu stai male! Vieni, siediti.
Tentò di spingerlo verso un tavolo.
- No, no – si ribellò Dario. – È meglio che vada via.
Era stravolto, non voleva star fermo, pensava che non avrebbe sopportato di fermarsi a riflettere neppure per un minuto, era meglio camminare fino a sfinirsi.
Ma Carmen insistette.
- No, parliamo.
Lo indirizzò verso il retro e lui cedette. Era stanco, non aveva voglia di lottare. Carmen lo fece uscire dalla porta di servizio, si accese una sigaretta e gli chiese di cominciare.
Dario si sfogò finalmente. Le raccontò ogni dettaglio, tutte le sue paure, il suo senso di frustrazione, la sua rabbia che cresceva ogni giorno.
Carmen lo ascoltò senza interromperlo, solo alla fine fece una cosa che le sgorgò dal cuore, lo abbracciò forte.
E Dario fece una cosa che non faceva più da oltre due anni, pianse. Prima piano, poi a singhiozzi, infine con lamenti e urla. Carmen lo tenne stretto e gli accarezzò teneramente i capelli.
- Se questo fosse un film o un romanzo, ti direi che io sono una hacker e che puoi contare su di me, ma purtroppo questa è la realtà e io non posso aiutarti a scovare l’autore delle lettere anonime, sicuramente al computer te la cavi meglio tu. Certo che lui è un esperto.
- Anch’io penso sia un uomo – rispose Dario asciugandosi il viso.
- Una donna non sarebbe capace di strangolare altre donne. Se la prenderebbe con il genere maschile e a ragion veduta.
Dario le sorrise.
- Non hai una grande opinione della mia categoria.
- Be’, lo ammetto, penso che ci sono parecchi mascalzoni, però non siete tutti uguali, molti non avrebbero pianto sulla spalla di una persona che conoscono appena.
- Forse perché loro hanno qualcuno a cui rivolgersi.
- Sei talmente solo?
- Mi sento solo, i miei genitori sono molto giù dalla morte di mio fratello. Gli amici, quei pochi veri che ho, hanno le loro vite e le loro famiglie di cui occuparsi. E io una cosa del genere non so neppure se è giusto condividerla.
- E con me perché l’hai fatto? Perché sono soltanto una cameriera e non conto poi tanto?
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