- Potremmo godere una splendida esistenza insieme. Come prima, ti ricordi? Quando il mio cuore era dentro Piero. Lui me lo ripete tutti i giorni che vuole te.
- Nuovamente fratelli.
- Già, non è meraviglioso?
Gianluca era a poca distanza da Carmen, dietro le spalle del killer. Incitò con gli occhi Dario a insistere.
Dario si schiarì la voce e ci riprovò.
- E ora? Parlami dei tuoi programmi, anzi dei nostri programmi.
- Davvero hai detto i nostri? Come sono felice! Ne ho tantissimi. Ascoltami.
Dario avrebbe voluto tapparsi le orecchie o urlare per smetterla di sentirlo, ma non poteva, doveva assolutamente distogliere la sua attenzione dagli altri due.
Fissò l’uomo che gli stava di fronte, le sue labbra, e iniziò a perdersi. I suoi occhi non si staccavano da lui un momento, ma i suoi pensieri erano rivolti ad altro. Qualunque altra cosa, pur di non condividere l’orrore di quella mente malata.
Gianluca aveva abbracciato Carmen e stava cercando di portarla fuori. Dario annuiva e sorrideva, simulando una presenza che non c’era. Ottaviani dovette fargli una domanda, perché si zittì e aspettò.
Dario si rese conto troppo tardi che avrebbe dovuto rispondere. Si irrigidì allarmato. L’uomo si voltò per capire cosa lo distraesse e vide le manovre del dottore. Si infuriò e iniziò a gridare. E a sparare.
Gianluca si gettò a terra trascinando con sé Carmen. Una poltrona fece loro da scudo. Ma i proiettili la forarono come fosse burro. Dario strillò e si gettò addosso a Ottaviani istintivamente. Lottarono abbrancati alla pistola. Poi tutto divenne vorticoso. Dario si credette perduto. Voci gli giunsero alle orecchie e spari, urla, ordini di stare calmi e di non esporsi. Uscì barcollando, una persona in divisa lo sorreggeva, si accovacciò in un angolo del marciapiede e vomitò.
I tre amici erano riuniti in salotto, stavano giocando a carte. A poker, su insistenza di Carmen, che aveva sempre voluto imparare e non aveva mai trovato nessuno disposto a insegnarglielo.
- Sono brava, vero?
- Come no! Ma se dopo un pomeriggio non riesci a distinguere il re dal jack! – la rimbeccò Gianluca.
- Al diavolo! Non avete pazienza.
- Ce l’abbiamo, ce l’abbiamo. Se no io sarei già al cinema a quest’ora.
- E io da mia sorella, che ha bisogno di molta compagnia.
- Come sta? – domandò Carmen.
- Meglio, il mio amico psicologo mi ha rassicurato. Ogni giorno è più serena.
- È bravo il tuo collega – disse Carmen.
- Sì, mi è stato molto utile – concordò Dario – Mi ha aiutato a superare il complesso di colpa per la morte di quelle povere innocenti.
Dario andò ad aprire una bottiglia di vino bianco. Un po’ per festeggiare, anche se era trascorso quasi un mese, un po’ per stimolare l’appetito che era scarso in tutti.
- Non mi sono sembrati reali gli agenti quando hanno fatto irruzione.
- Carmen – la rimproverò il medico – non dobbiamo discuterne sempre.
- Lo so, ma è più forte di me. Ringrazio Linda ogni volta che la vedo per aver avvisato la polizia.
- Già, pure io. Se non fosse stato per la bravura dei poliziotti saremmo morti.
- Già, ci hanno separato e hanno subito ammanettato Ottaviani, ed era tutto finito. Solo che io mi sono reso conto di quello che era successo dopo qualche ora.
- È stato lo shock – disse Gianluca.
- Però hanno dovuto sparargli per disarmarlo. Era scatenato.
- Sì Carmen, un pazzo ormai senza speranza.
- Gli hanno estratto la pallottola dal braccio, non era nulla di grave. Al processo lo giudicheranno per quello che è: un folle assassino e lo richiuderanno in un ospedale psichiatrico.
- Spero che lo tengano rinchiuso per sempre. Che non trovino qualche scappatoia legale.
- Lo speriamo tutti, Dario. Adesso che ne dite di smetterla e di parlare di qualcosa di più gradevole?
- Di cosa?
- Magari di una bella cenetta. E quella bottiglia che hai in mano è allettante come inizio.
- È il vino che mi hai regalato tu.
- E allora che aspetti a stappare?
Riempirono i bicchieri e brindarono all’unica cosa positiva di quella storia: la loro amicizia.
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