- Che strano! – notò il medico. – Non doveva essere di turno?
- Già, così ci ha detto. Forse è in cucina. Vedrai che arriverà tra poco a prendere la nostra ordinazione.
Dopo mezz’ora la ragazza non si vedeva ancora.
- Domandiamo a qualche suo collega.
Chiamarono un cameriere che non sapeva nulla. Il padrone del locale fu più esplicito, se Carmen non si faceva viva prima possibile l’avrebbe licenziata.
I due uomini si guardarono in faccia, ognuno aveva immaginato la stessa scena terribile dell’altro. Scapparono ignorando il padrone che ancora brontolava.
La strada la fecero correndo in auto come forsennati.
Dario era al limite del parossismo. Gianluca stava pregando che si fossero sbagliati.
- Lo sa, sa che gli siamo vicini. E vuole fermarci così.
- Sì, Dario, perciò è Ottaviani.
- E chi se no? L’avrà avvisato la cara zietta. Dannazione, che stupido!
- Che stupidi, pure io ho contribuito a mettere Carmen nei pasticci.
- Quel bastardo! Se l’ha soltanto sfiorata…
- Siamo a casa sua. Finalmente.
Fecero gli scalini a quattro a quattro.
Si attaccarono al campanello. Bussarono, chiamarono e non rispondeva nessuno.
- Oh Dio! Avevamo indovinato – si disperò Dario.
- Insistiamo.
- Che vuoi insistere? È tutto chiaro.
Si udirono dei passi salire le scale e una figura si profilò sul pianerottolo. I due si immobilizzarono pronti a scattare.
- Che ci fate voi due qui?
- Carmen. Sei tu!
Dario e Gianluca l’abbracciarono, la travolsero quasi.
- Ma che vi prende?
- Perché non eri al lavoro? Dove sei andata? – la interrogò Dario.
- Che ti è capitato?
- Perché non entriamo? Così mi spiegate che vi è preso.
I due si buttarono sul divano, esausti e felici. Si misero a ridere.
- Che sollievo!
- Mi dite che avete tutti e due? Mi sembrate matti!
- Credevamo che tu fossi stata rapita, dall’assassino.
- Io? Ma come vi è venuta questa idea assurda?
- Non eri alla trattoria. Nessuno aveva tue notizie. E oggi pensavamo di esserci avvicinati troppo a lui.
- All’assassino? Ritenevate che si volesse vendicare usando me?
- Sì.
- Non sono andata al lavoro perché avevo voglia di un po’ di libertà.
- Sei stanca di fare la cameriera? Lo capisco, deve essere stressante.
- Sì, caro dottore, lo è. Non posso certo permettermi di licenziarmi, ma stasera proprio non me la sono sentita. Avevo voglia di farmi una passeggiata e di mangiarmi un gelato.
- Con questo freddo? Siamo quasi a Natale.
- Dario, non essere noioso. Mi sono solo tolta uno sfizio.
- Hai fatto bene, un diversivo fa bene ogni tanto. Te lo dice un medico.
- Ma da oggi in poi sarai sorvegliata ventiquattr’ore su ventiquattro – disse Dario.
- E lo sai che è da prendere in parola.
- Che esagerato! Ti ringrazio per le buone intenzioni, poco fattibili comunque.
- In qualche modo farò!
- Faremo. Posso avere altre ferie, ne ho parecchie arretrate – si intromise Gianluca.
- E io domanderò ai miei genitori di rimanere in libreria, fa bene anche a loro.
Finirono per ordinare delle pizze e cenare lì.
La quiete prima della tempesta, pensava Dario sorseggiando il caffè. Stava guardando da dietro la finestra del suo appartamento l’andirivieni dei passanti. Tra quella gente poteva esserci lui, Ottaviani. Era sicuro ormai che fosse lui, che il maniaco omicida e il destinatario del cuore di Piero fossero la stessa persona.
Se lo sentiva da quando ne aveva visto il viso, in quel momento aveva capito che l’uomo era stato sincero, che il nuovo organo gli aveva ridato vigore e alimentato la sua follia. E che provava per lui del vero trasporto, che riteneva che il loro legame dovesse essere rinsaldato, come se quei due anni avessero rappresentato soltanto una lontananza tra fratelli, qualcosa a cui era facile porre rimedio. Se soltanto lui lo avesse voluto.
Dario era spaventato dal fatto che comprendeva quell’uomo tanto bene, aveva paura di stare impazzendo. Meno male che c’erano Gianluca e Carmen con il loro pragmatismo.
Carmen, almeno lei era in salvo, però c’erano migliaia di ragazze in pericolo costante. E né lui, né la polizia riuscivano a giungere a una conclusione, eppure bisognava fermarlo quel maniaco.
In libreria Dario rivoluzionò gli scaffali per distrarsi, mise in bella mostra gli ultimi arrivi e rilegò un po’ indietro le vecchie uscite. Spolverò e spazzò. Poi si sedette esausto su una sedia.
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