«Merda!» Oramai la sua voce era un sussurro. «Gastrolusi? E che cazzo è?»

Si scoprì ad odiare i medici: ma perché non possono parlare come tutte le persone normali?

Sorrise a quella battuta, forse l’ultima della sua vita.

Svenne.

Riaprì gli occhi chissà quanto tempo dopo: sembravano anni, ma era sicuro che fossero solo secondi. Glielo suggeriva il fatto di essere ancora vivo.

Era steso per terra, aveva gli occhi avvolti da un velo bruciante e si era vomitato addosso.

Il dolore allo stomaco e la nausea non erano passati.

Adesso tutto era più chiaro: sua moglie aveva avuto intenzione di avvelenarlo fin dall’inizio. Ma poi, quando aveva trovato le mutandine di Giuliana, aveva pensato che un’accetta nella scatola cranica fosse molto più appropriata!

Rise, delirando.

Poi qualcosa, un’ombra, entrò nel suo campo visivo. Ci mise un bel po’ a capire cosa fosse.

«A… iut…»

L’uomo non parve udirlo.

Riprovò, sforzandosi: «Ve… le…»

Notò che l’uomo raccoglieva qualcosa, ignorandolo. Quando mise a fuoco la figura, lo riconobbe: era il carabiniere che lo aveva accompagnato dal maresciallo, quello biondo. Si era tolto la divisa.

Ma che ci fa qui? si chiese, oramai allo stremo.

Una fitta all’addome stava per fargli perdere di nuovo i sensi e provò a resistere.

Oramai annaspava rumorosamente.

L’uomo gli si avvicinò. In mano aveva il pacco che Paolo aveva ricevuto in ufficio quel pomeriggio, ancora imballato, e quello che era stato recapitato a Valeria. Una targhetta sul bavero della giacca lo identificava come appartenente alla società che li aveva spediti entrambi.

Il biondo scrutò una cartelletta che aveva in mano. «Che strana coincidenza, non trova?» La voce giunse a Paolo da lontano, sempre più lontano: «Lei aveva scelto il cianuro per liberarsi di sua moglie. Un classico: rapido e immediato. Sua moglie, invece, il dinitrofenolo. Molto doloroso, vero? Non è andata per il sottile, eh? Sadiche le donne, soprattutto quelle tradite. Ci metterà un po’ a finire, quindi si rilassi... Forse adesso preferisce l’accetta, no? Bene, qui ho finito, la lascio alle sue cose. Arrivederci, e grazie per aver scelto i servizi della C.A.I.N.O. S.p.A.»