«Non ho detto questo! Giuliana? Pronto, Giuliana? Non volevo…»

«Stronza anche a te!» strillò Paolo, sbattendo con forza la cornetta del telefono.

Calma, Paolo, calmati: impara a dominarti!

Ma come poteva stare calmo quando aveva rischiato di morire, e per di più assassinato da Valeria, sua moglie!

Valeria era una donna dolce e tranquilla, che addirittura, al primo accenno di litigio, scoppiava in lacrime e si andava a chiudere in camera da letto, e non ne usciva fino a quando Paolo non andava a bussare per chiederle scusa o dirle di aver esagerato.

Con un’accetta, poi! pensò con un misto di stupore e terrore. Incredibile!

Si mise le mani tra i capelli e si sedette sulla poltrona, chiudendo gli occhi e pensando a qualcosa di rilassante. Eppure come poteva non pensare al fatto di essere sfuggito alla morte per un soffio!

Riaprì gli occhi. La meditazione non serviva: doveva ancora convincersi che quella era la realtà e non un maledettissimo sogno. No, non è affatto un sogno…

Girò per casa, senza meta, evitando accuratamente la sala da pranzo dove la tavola imbandita di cibi ormai freddi che Valeria aveva preparato per lui gli faceva venire la nausea.

Voleva farmi la festa! Voleva farmi una sorpresa, la stronza!

Per fortuna i carabinieri non gli avevano sequestrato la casa. Avevano soltanto fatto una perquisizione sommaria, dopo aver portato via il cadavere e raccolto qualche prova se ne erano andati lasciandolo solo. Pura routine, come gli aveva spiegato il maresciallo. Dopotutto, avevano una confessione.

Il caso era chiuso.

Lui aveva anche rifiutato di vedere Valeria, e il maresciallo aveva annuito: come biasimare uno che non vuole più parlare alla donna che aveva intenzione di ucciderlo?

Certo, in tal modo Valeria si era tolta dalle scatole da sola, risparmiandogli un sacco di grattacapi. Sarebbe rimasta in prigione per chissà quanto tempo e anche se ne fosse uscita, lui avrebbe chiesto il divorzio. Non poteva continuare a dormire nello stesso letto con la donna che aveva cercato di farlo secco. E lui, finalmente, poteva spassarsela con Giuliana in santa pace. Niente più incontri segreti in squallidi motel di infima categoria. Adesso poteva fare le cose alla luce del sole.

Sorrise compiaciuto.

Doveva scusarsi con Giuliana, l’aveva trattata male al telefono; ma ci avrebbe pensato l’indomani. Sarebbe andato a trovarla a casa e le avrebbe fatto vedere i biglietti d’aereo che aveva comprato per loro due: ci divertiremo, mia cara, e dimenticheremo questa assurda storia!

Lei sarebbe stata contentissima, l’avrebbe prima perdonato, poi l’avrebbe ricoperto di baci e di carezze. E infine, sicuramente…

Ancora qualche settimana, e poi…

No, c’era qualcosa che non quadrava. Aveva una stranissima sensazione, come un presentimento. Un’orribile domanda, celata in un angolino della sua testa. Come diavolo ha fatto ad accorgersi di Giuliana?

Ci rimuginò su, ma niente.

Poi, per terra, leggermente nascoste sotto il divano, vide un paio di mutandine di pizzo nere. Si chinò pensieroso e le raccolse.

«Porca puttana!» imprecò ad alta voce.

Sono di Giuliana! Le ha trovate. Forse le avevo lasciate nei pantaloni…

«Che idiota!»

Lanciò in aria le mutandine, che, con un leggero svolazzo, atterrarono sul cuscino ricamato del divano.

«Paolo, sei davvero un coglione.» disse alla casa deserta. Comunque, quel che è fatto è fatto, e indietro non si può più tornare.

Andò nella sala da pranzo e con rabbia osservò la tavola imbandita. Desiderò gettare tutto in aria, spaccare i piatti e i bicchieri, distruggere quei manicaretti così perfettamente preparati.

La mia ultima cena!

Il suo stomaco ebbe però la meglio e gli venne fame. Spilluzzicò qualcosa ma lasciò subito perdere: Valeria era un’ottima cuoca, ma i piatti erano ormai freddi e disgustosi.

Affamato, andò in cucina e vide la crostata.

Si avvicinò e con estrema cautela – come se potesse fuggire via dalla finestra aperta – l’afferrò.

L’avvicinò al naso e ne aspirò l’intenso odore. Marmellata di amarene, la mia preferita!

La posò sul tavolo e prese un coltello dal cassetto delle posate. Una fettina piccola, giusto per assaggiare. La finì in due bocconi e ancor prima di aver inghiottito l’ultimo pezzo, si stava tagliando un’altra fetta, molto più grossa.

Improvvisamente, si sentì stanchissimo e decise di andare a letto.

La camera da letto era buia (i carabinieri non avevano creduto opportuno violare la loro privacy matrimoniale) e Paolo si sdraiò sul letto.