Poi, notò nello specchio la lavatrice ancora spenta.

«Uffa!» sbuffò. Si era dimenticata di fare il lavaggio, presa com’era dall’organizzare la cena. Selezionò con cura le manopole, ma prima di premere il tasto START, controllò il cestino con la roba sporca: era pieno.

«Che fortuna!» disse e, dopo aver aperto il cestello della lavatrice, cominciò a infilarvi dentro altra roba sporca: calze, t-shirt, una gonna, una canottiera…

Il citofono trillò mentre prendeva un paio di pantaloni di Paolo.

«Chi è?»

«Io.»

Con un rumore secco il cancelletto della villetta si aprì.

Tombola!, si disse l’uomo vestito di nero. Spinse l’inferriata, facendo cigolare i cardini un po’ arrugginiti. Ha funzionato!

Era sorpreso. Evidentemente la donna che gli aveva risposto stava aspettando qualcuno, ed era convinta che lui fosse quel qualcuno.

Mi dispiace per lei, mia signora!, recitò nella propria mente l’uomo mentre attraversava con passo tranquillo e sicuro il vialetto. C’erano delle persone sulla strada e non voleva certo attirare lo sguardo di vicini impiccioni.

Devo sembrare naturale. No, anzi, devo essere naturale!

Solo che la facilità con cui era riuscito ad entrare aveva dell’incredibile.

Era partito tutto come uno scherzo, una follia. Una bella villetta, con un ampio giardino ben tenuto. Era stato quel giardino a spingerlo a tentare la buona sorte. E aveva avuto ragione.

È assurdo come la gente oggi si fidi del prossimo!, pensò con un sorriso beffardo sulla faccia.

Non vedeva l’ora di raccontarlo ai suoi amici. Si sarebbero fatti un sacco di risate e forse non gli avrebbero creduto, ma lui avrebbe offerto da bere a tutti con i soldi che avrebbe guadagnato quella sera.

Sento che oggi è il mio giorno fortunato!

Si sistemò meglio i guanti neri: stava incominciando a sudare e gli scivolavano dalle dita.

A pochi passi dall’ingresso, vide che la porta era aperta e una lama di luce illuminava lo zerbino con la scritta BENVENUTI.

Che accoglienza!

L’uomo si infilò il passamontagna con la rapidità dettata dall’esperienza. Impugnò la pistola che aveva nella tasca del giubbetto nero e, fatto un profondo respiro, si avvicinò alla porta.

Lanciò un’attenta occhiata all’interno.

Davvero una bella casa, disse tra sé. Chissà quanto mi frutterà!

Allungò la mano e spinse con delicatezza la porta, reggendo sempre la pistola, pronto a sventolarla davanti al primo malcapitato.

Via!, si disse. Ed entrò.

«Pronto intervento. Mi dica. Pronto?»

«Io…»

«Pronto? Chi è?»

«Io…»

«Signora, parli più forte, non riesco a sentire. Pronto? Mi sente?»

«Io… l’ho ucciso…»

«Come? Chi ha ucciso, signora?»

«Un uomo…»

«Si calmi, signora. Dove si trova?»

«O mio Dio! O mio Dio!»

«Signora? Mi sente, signora? Pronto? Pronto?»

Paolo fu fermato da una coppia di carabinieri all’incrocio nei pressi di casa sua.

«Mi dispiace, signore, ma nessuno può passare di qui.» gli disse con tono neutro uno dei due, quello con i capelli biondi che spuntavano dal berretto.

«Come sarebbe a dire?» replicò Paolo. «Devo andare a casa, io»

«Lei abita da queste parti?» chiese l’altro carabiniere, avvicinandosi di più al finestrino.

«Sì, in quella villetta laggiù… Ma che succede?»

«Mi dice il suo nome, per favore?» chiese il militare.

Paolo glielo disse e i due si allontanarono parlottando dentro una ricetrasmittente, dopo avergli chiesto cortesemente di parcheggiare lì vicino.

Nel frattempo l’impiegato si accorse che la strada era gremita di gente. Erano i suoi vicini che protestavano a gran voce con i carabinieri di sentinella: anche loro volevano sapere cosa stava succedendo.

Paolo scese dalla macchina e subito il carabiniere biondo lo intercettò. «Signore, può seguirmi?» Non era una vera e propria domanda e Paolo non replicò.

Fu fatto passare sotto un nastro bianco e rosso che circondava casa sua. C’erano carabinieri e anche qualche poliziotto e, nel vialetto, un’autoambulanza sostava con le luci azzurre intermittenti accese, che donavano alla scena un’atmosfera di tragedia. Degli uomini in tuta arancione caricavano qualcosa su una barella.

«Che cosa è successo qui? Mia moglie…» gli mancò il fiato e non riuscì a terminare la frase. Si sentì cedere le gambe. Il carabiniere che lo scortava, senza dire una parola, lo afferrò prima che si accasciasse al suolo e lo guidò verso la sua abitazione.

«Ditemi, vi prego!» implorò Paolo, esasperato. «Cos’è successo?»