La ragazza posa la tazza sul tavolo, girando il manico verso di lui. C’è qualcosa di familiare in lei. GB cerca Lisa in ogni donna che incontra... Il caffè è una galassia scura che ruota.

Non può stare lì tutto il giorno. Si decide a portare la tazza alla bocca. Prende un breve sorso. Schiocca le labbra e sente il liquido scendere amaro nella gola. Per un istante dimentica il resto e si abbandona al corroborante effetto della caffeina. Si distrae dalla vita come un contrabbandiere suomi che gusta il frutto della traversata notturna.

T. è stato un amico. Un ottimo amico.

GB e T. non hanno nulla in comune se non qualche aneddoto di guerra. Non erano nello stesso battaglione, non erano nella stessa divisione e nemmeno nella stessa parte di mondo. Uno chiama i giapponesi nip. L’altro giap.

GB, è tornato in patria da un anno, si è rimesso subito in carreggiata e ha appena finito di svolgere una commissione per don S., si sta scolando una birra in una bettola. I guai con Lisa sono andati peggiorando durante la sua assenza. Lei non rispondeva nemmeno alle sue lettere dal Pacifico. T. si siede accano a lui e attacca bottone. GB non è tipo da scambiare quattro chiacchiere ma non importa T. parla per due. La serata passa a suon di alcol e ricordi. Qualcuno a un certo punto, a qualche tavolo di distanza, se la prende con i reduci, con la guerra alzando un po’ troppo la voce. T. e GB sono sbronzi. La serata finisce male. Finisce male per i tizi a qualche tavolo di distanza.

Da quella sera ogni settimana, con la pioggia o con il sole, T. e GB vanno a scolarsi la loro sacra birra domenicale. Uno parla, l’altro ascolta.

“Com’è?”

GB si scuote dai ricordi. La ragazza del caffè M. è in piedi con il vassoio al petto davanti a lui, indica con il mento la tazza tra le sue mani. I due vecchi in fondo continuano imperterriti a spostare pedine sulla scacchiera e GB deve andare.

“Come in Finlandia.”

Lei annuisce perplessa ma non dice nulla.

L’ultimo sorso. Una banconota sul tavolo. “Grazie. Grazie davvero.”

“Torni a trovarci”

GB sorride.

Quando HS gli ha telefonato, stava firmando un assegno per Lisa. Erano mesi che dava la caccia a HS. HS ha ucciso T. GB non sa perché sa solo che è stato lui. È stato HS a farglielo sapere in due righe di inchiostro. Don S. è morto da un pezzo (che Dio lo abbia in gloria), Lisa lo odia. L’unico legame con la vita di GB è, era T.

GB non ha mai visto in vita sua HS, T. non ne parlava mai, d’altronde nemmeno GB parlava della sua famiglia, l’unica volta che T. gli ha detto qualcosa del fratello, erano sbronzi entrambi, GB stava pisciando contro un muro e non aveva sentito quasi nulla. T. poi è scoppiato a ridere e GB per cortesia e per etilismo si è messo a ridere di riflesso senza avere capito un granché.

La voce di HS è strana. Ha aspettato che GB finisse la sua pletora di minacce e poi con tranquillità ha cominciato a parlare, intervallato per un minuto dalla voce spaventata di Lisa.

Non può fare nulla. Non ha tempo di cercare HS. Entro sera deve confessare di aver ucciso T. o Lisa è morta.

Uscito dal caffè M. ripercorre la stradina a ritroso, infila la strada principale. Il distretto di polizia è a qualche isolato. La rabbia si è trasformata in amarezza. Non gli importa di nulla. Se non di lei. Dopo tutto lei gli sorrideva davvero. Non ha possibilità di scelta. Il suo sorriso lo ripagherà di tutto.

Il quartiere è cambiato da quando era un gracile ragazzino. La casa di sua madre è un parcheggio a più piani. La libreria è un take away coreano, il ristorante di don S. è il ristorante di qualcun altro (per cui ogni tanto svolge qualche lavoretto in memoria della gestione precedente). Le strade si intersecano come sempre e se i gradini dove si sedeva da piccolo non ci sono più, il canale c’è ancora.

GB fa una piccola deviazione. Quando arriva vicino all’acqua si siede sul cemento e osserva il rivolo scorrere placido sotto il vecchio ponte di ferro arrugginito. Il sole è una sfera arancione.

In questi anni ha visto molte cose. Alcune delle quali poco piacevoli. Forse l’unica confessione da fare dovrebbe farla a sé stesso. Come avrebbero dovuto fare i finlandesi. Distarsi dalla vita per qualche sorso, rischiare la vita per distarsi da essa. Sopravvivere ai problemi. Al destino. GB ha letto da qualche parte che il destino non è altro che qualche macchia di sangue nel vuoto. Il destino. I suoi occhi rivedono il momento della sua seconda nascita. Lui è uno spettatore: poco distante da dove è seduto, un ragazzino sta strappando le palle a un altro mentre viene massacrato di botte.

GB scoppia a ridere. Il sole si inzuppa nell’oceano come un enorme plum cake. Le sue orecchie risentono le parole di T. mentre lui sta pisciando contro il muro: “... mio fratello è un fottuto eunuco... da piccolo qualcuno gli ha strizzato i coglioni talmente forte...”