James Ellroy dichiara che Jospeh Wambaugh è la sua fonte di ispirazione primaria, che è il migliore. Se è proprio il migliore non lo sappiamo, ma di certo è eccezionale.
I ragazzi del coro è un romanzo tosto, complesso e allo stesso tempo semplice quanto basta. Ironico, feroce, disperatamente umano.
Il "coro" è composto da dieci poliziotti di Los Angeles, un bel gruppo di esemplari umani: ce ne sono di buoni, brutti e cattivi; di sfigati, intellettuali, eroi, mezze tacche e reduci di guerra. Questi dieci chierichetti cantano in un parco a fine servizione a botte di alcol e grasse puttane. Raccontano le loro avventure e disavventure del turno di notte, fottono e si fottono, a volte si malmenano anche. Ma si divertono un mondo (si fa per dire, considerate le loro disperate esistenze).
Se non fosse che un giorno, durante una riunione, qualcosa va storto... E quando mai qualcosa va dritto?
Ma non è la "cosa storta" in sé che suscita interesse in questo magnifico, è proprio il caso di dirlo, romanzo corale, è piuttosto come ci si arriva. Le motivazioni profonde, che sono più che semplice psicologia: lavoro, vita quotidiana e morte. Cose che, anche se non si è poliziotti, riguardano ognuno di noi.
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