La fiction, ispirata alla vita di un personaggio realmente esistito, racconta la storia di un uomo coraggioso e determinato che, nella New York di fine ‘800, lotta per raggiungere il suo scopo: diventare poliziotto e combattere la malavita italiana.

Joe Petrosino riesce nel suo intento, contribuendo all’arresto e all’espatrio di numerosi boss e afiliati alla Mano Nera, gruppo di stampo mafioso che opera a New York e va anche oltre.

Parte per la Sicilia per scoprire i legami attraverso cui la mafia dell’isola foraggia le organizzazioni americane e, la sera del 12 marzo del 1909, viene ucciso a tradimento in una strada di Palermo.

Al suo funerale in America partecipano trecentomila persone.

Ma chi è Joe Petrosino?

Nelle righe che seguono cercherò di tracciare una breve ma puntuale biografia del personaggio.

Giuseppe Petrosino, detto Joe, nasce a Padula in provincia di Salerno il 30 agosto 1860.

Padula
Padula
Quando suo padre Prospero decide di emigrare in America nel 1873 con tutta la famiglia Giuseppe ha appena 13 anni.

Arrivato a New York il piccolo Giuseppe dimostra subito un certo spirito intraprendente.

Col coetaneo Pietro Iorio apre un chiosco per la vendita di giornali facendo nel contempo anche il lustrascarpe e a diciotto anni trova lavoro come spazzino.

La Mano Nera, nota anche come l’Onorata Famiglia, è un’organizzazione malavitosa che opera a New York.

È costituita per la maggior parte da uomini provenienti dalle zone depresse dell’Italia Meridionale che, desiderosi di grandi guadagni, anziché cercarsi un lavoro, anche se umiliante, preferiscono affiliarsi a questo gruppo, capeggiato dal siciliano Giuseppe Morello, che estorce e taglieggia la gente.

Chi si rifiuta di pagare viene minacciato affinché desista dal suo proposito.

Nonostante la Polizia si dia molto da fare, facendo irruzioni ed operando continui arresti, la Mano Nera ingrossa sempre di più le sue file.

Theodore Roosevelt
Theodore Roosevelt
Theodore Roosevelt, allora prefetto di Polizia, intensifica la lotta per sgominare a qualunque costo questa banda di malfattori e, principalmente, per arrestare il suo capo Giuseppe Morello.

La determinazione del Prefetto, provoca la reazione di Morello che, non temendo il confronto e per dare la prova della sua potenza, sentenzia la sua morte e con fare sdegnoso e spavaldo ordina a tre dei suoi più fidati picciotti di tagliargli la gola.

Nel pomeriggio del giorno dopo il Prefetto, mentre attraversa Broadway, è aggredito da tre sicari armati di pugnali.

Petrosino, a conoscenza del piano criminoso per averne sentito parlare la sera prima in un’osteria da due suoi connazionali, segue il Prefetto senza farsi notare e intervenne, a colpi di scopa, salvandogli la vita e rendendo possibile l’arresto dei due aggressori.

La notizia, riportata da tutti i giornali, fa molto scalpore tra la gente.

Il Prefetto invita Petrosino nel suo Ufficio e, quale ricompensa per il suo eroico gesto, lo nomina poliziotto.

Per il suo sguardo freddo e penetrante, la sua forza fisica, il suo coraggio e la sua determinazione Petrosino incute all’Onorata Famiglia timore e paura.

Il “Terrore” Petrosino, così lo chiama la malavita, dopo una lunga, ardua e strenua lotta, riesce ad arrestare quasi tutti i componenti di questa organizzazione.

Alcuni li inchioda sulla sedia elettrica, altri li manda a soggiornare per lunghi anni a Sing Sing e ad altri ancora fa portare per lungo tempo i segni dei suoi interrogatori.

La tregua però, dura poco tempo, fino a quando cioè non arriva da Palermo il famigerato uomo di grande rispetto Vito Cascio Ferro che, a capo di Morello e compagni, fonda a New York la Mafia, la quale, seppure con metodi diversi da quelli usati dalla Mano Nera, trae illeciti profitti da tutti i settori operativi della città, dal commercio all’industria, dal gioco alle bevande alcoliche.

La Mafia ha anche modo di infiltrarsi nella vita politica del paese, per trovare un confacente appoggio anche nelle alte sfere.

Vito Cascio Ferro
Vito Cascio Ferro
Nel 1906 Petrosino viene promosso tenente alle dirette dipendenze di Teddy Bingham, Assessore del Compartimento Generale di Polizia.

Il tenente Petrosino, travestendosi nei modi più impensati, inizia ad indagare sulla Mafia.

Egli si prefigge di espellere dal paese tutti i mafiosi ma non ci riesce perché la Mafia, grazie all’appoggio che gode nelle alte sfere, riesce a far ammorbidire la legge sugli indesiderabili.

Tale legge prevede la non espulsione di coloro che si trovavano in America da più di tre anni, a eccezione dei ricercati dalle Polizie dei loro paesi di origine.

Petrosino perciò si propone di andare in Sicilia per indagare sul passato dei mafiosi.

Il 9 febbraio 1909 lascia New York diretto a Genova da dove prosegue per Roma ove prende contatto col Capo Gabinetto del governo Giolitti Camillo Peano e, successivamente, con il capo della Polizia Francesco Leonardi il quale gli consegna una lettera diretta a tutti i questori della Sicilia per agevolare il suo soggiorno nell’isola.

Petrosino lascia Roma la mattina del 27 febbraio e si reca nella stessa giornata a Padula, suo paese natio, per salutare il fratello Vincenzo.

Morte di Joe Petrosino la sera del 12 marzo 1909 a Palermo
Morte di Joe Petrosino la sera del 12 marzo 1909 a Palermo
Il 28 febbraio sbarca a Palermo col postale proveniente da Napoli.

Sebbene si renda conto dell’arduo compito che l’attende Petrosino non vuole accettare la collaborazione e la protezione, del Questore Baldassarre Ceola di Palermo.

Si serve dell’ausilio di un suo confidente che deve procurargli le prove di eventuali misfatti compiuti da Morello e compagni prima che costoro espatriassero in America.

Ma la Mafia gli tende un tranello usando come esca, forse, il confidente a cui Petrosino si era affidato e, la sera del 12 marzo 1909 a Palermo, in piazza Marina, quattro colpi di arma da fuoco segnano la morte del poliziotto Joe Petrosino.