Una città grigia e uggiosa, pioggia e freddo, tristezza e malinconia che piovono dal cielo ed entrano dentro il corpo, dentro l’anima, mentre un uomo cammina lento sui marciapiedi bagnati, fra gli odori della città, fra le miserie degli uomini. Una città e un uomo che sembrano le due facce della stessa medaglia: elementi complementari di un unico affresco.

La città è Parigi, una Parigi invernale e affascinante, l’uomo è Luce Schlomo, ispettore di polizia, individuo solitario e travagliato, che persegue il suo fine di giustizia e la sua ricerca della verità, oltre ogni ostacolo, oltre ogni impedimento, con una logica ferrea e una determinazione feroce.

La città e l’uomo sono i due protagonisti assoluti di Le ceneri dell’amante cinese, l’ultimo romanzo di Hubbert Haddad, pubblicato da pochi mesi dalla Robin Edizioni, nell’ottima collana I luoghi del delitto. Quella di Haddad e una storia complessa che si svolge nel dorato mondo dell’editoria francese, un mondo fatto di feste, successi, denari e fama, ma che in realtà nasconde odi e rancori, squallide realtà e vendette inaspettate. In questo microcosmo di tradimenti, una serie di delitti spietati e inspiegabili, spezza un equilibrio instabile, facendo finalmente venire a galla la verità. Il tutto di fronte allo sguardo smaliziato e cinico dell’ispettore Schlomo, un uomo che non ha più nulla da imparare, un uomo cui la vita ha insegnato molto… forse troppo, ma che forse non è ancora pronto all’ombra di una donna orientale che entra ed esce dalla sua vita, leggera e diafana come il riflesso di uno specchio.

Quello di Haddad è un libro evocativo, sia nella descrizione dell’ambientazione, che in quella del personaggio, la sua scrittura è densa e tesa, ricca di riferimenti e giochi di parole (che purtroppo nella traduzione in italiano inevitabilmente perdono parte del loro significato). Il tutto in un periodare articolato e strutturato, che in parte è sicuramente funzionale alle descrizioni complesse ed efficaci. L’atmosfera che si respira per tutto il romanzo e quella del miglior noir francese, le immagini che vengono alla mente mentre si legge sono inevitabilmente in bianco e nero, leggermente sgranate, come se si fosse di fronte ad un film degli anni cinquanta, teso e disincantato, cinico e perfetto, come solo certa cinematografia d’oltralpe è mai riuscita a essere.