Newcastle, 25 maggio 1968. Due bambini stanno giocando, quando vedono una casa diroccata e decidono di andarla a esplorare.
Entrano, e, al primo piano, trovano un corpo. E’ quello di Martin Brown, quattro anni. Al suo fianco un flacone di pillole. La polizia interviene; prima pensa a un tragico incidente, il bambino ha inghiottito le pillole scambiandole per delle caramelle, ed è morto. Ma, in seguito, viene accertato che il bambino è stato strangolato. Passano due giorni, e l’asilo del paese viene preso di mira dai vandali, che distruggono tutto. Tra le macerie, la polizia, ritrova un biglietto palesemente scritto da un bambino. Sul biglietto c’è scritto: “Noi abbiamo ucciso Martin Brown fanculo brutto bastardo”. Passano alcuni giorni, alla porta del padre di Martin Brown bussano due bambine: Mary Flora Bell, undici anni, capelli neri, occhi azzurri e viso angelico, e la sua amica Norma Bell, tredici anni, bambina dallo sguardo un po’ ritardato. Le bambine chiedono di vedere Martin. Il padre, con la morte nel cuore, risponde che il figlio è morto. “Lo so” – risponde ridendo la piccola Mary – “io voglio vederlo nella bara!”. Il signor Brown chiude la porta in faccia alle due monelle. Le due, allora, si dirigono ripetutamente dalla zia di Martin, bombardando la povera donna di domande, chiedendole se sente la mancanza del nipote, se piange per lui. Alla fine, la donna sfinita, le caccia via. Sono due monelle, soprattutto la piccola Mary, figlia di uno sfaccendato e una madre prostituta, con seri problemi psichiatrici, tanto che appena partorito, vedendo la figlia, si mise a gridare: “Mi tolga quella cosa di dosso!”.
Io non ero adirata. Non è un sentimento... è una lacuna che viene... è un abisso... è oltre l'ira, oltre il dolore è un prosciugamento di senzazioni
Mary Bell, raccontando l’omicidio di Martin Brown
Mercoledì, 31 luglio 1968. Pat Howe sta cercando preoccupata il fratellino di tre anni Brian. Mentre lo cerca incontra Mary e Norma, che si offrono di aiutarla nella ricerca. La portano in una discarica industriale dove, i bambini del posto, sono soliti andare a giocare.
Tra due pilastri di cemento trovano il corpo mutilato del piccolo Brian, con una lettera che assomiglia a una M incisa con un rasoio sulla pancia. Anche Brian è stato strangolato.
La polizia interroga le famiglie dei ragazzi della città, molti bambini vengono ascoltati, l’ispettore James Dobson ha già qualche sospetto. Si reca al funerale del piccolo Brian e, mentre passa la bara, osserva una bambina che ride e si sfrega le mani. Torna alla centrale, confronta la scrittura di Mary e Norma con il biglietto trovato nell’asilo devastato, combaciano. La scientifica confronta le fibre trovate sui corpi dei due ragazzi strangolati con quelle prelevate dai vestiti di Mary e Norma: combaciano. Le ragazzine vengono condotte alla stazione di polizia. Durante l’interrogatorio si accusano a vicenda. Salta fuori un bambino che racconta che un giorno Mary gli aveva detto di aver strangolato con le sue mani Martin Brown, ma di non averle creduto. La madre di Norma rivela ai giudici che Mary aveva cercato di strangolare la sua figlia minore Susan e di non esserci riuscita per il tempestivo intervento del marito, che l’aveva dovuta picchiare per farla scappare. Non ci sono più dubbi: la ragazzina dai capelli neri, dagli occhi celesti e dal viso angelico è una killer e l’amica Norma è completamente soggiogata dalla personalità forte dell’amica. Mary viene condannata all’ergastolo, Norma assolta. Mary fu prima messa in un riformatorio, dove, nel giro di due anni, accusò il responsabile del dormitorio di violenze sessuali. Venne trasferita: si dichiarò lesbica e evase nel 1977. La catturarono quasi subito. Poco prima di ottenere la libertà vigilata fu trasferita in un centro d’accoglienza dove riuscì a farsi mettere incinta da un uomo sposato. Abortì, ma nel 1984, dopo essere tornata in libertà il 14 maggio 1980, riuscì a diventare madre.
Se c’è stato qualcosa di sbagliato in me quando ero bambina, ora questo non c’è più. Io sento che se mi facessero una radiografia al mio interno, potrebbero vedere che quello che c’era di rotto si è riparato
Mary Bell, dopo essere diventata madre
Si trasferì in una piccola cittadina, ma appena gli abitanti scoprirono il suo passato ne fu allontanata. Il suo nome tornò alla ribalta quando la scittrice Gitta Serenity scrisse, con il suo aiuto, il libro Cries Unheard.
Bibliografia essenziale:
Gitta Sereny, The Case of Mary Bell, Methuen, London, 1972.
Gitta Sereny, Grida dal silenzio. Storia di una bambina, Rizzoli, Milano, 1999.
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