Paolino tentò nuovamente di scalare le ripide pareti del pozzo. Salendo, incrociò lo sguardo sospettoso di un altro dei gatti di Bruno. Il bimbo fece poca strada, prima di precipitare a terra, picchiando violentemente la schiena sul terreno fangoso. Paolino sputò un denso fiotto di sangue e si mise a piangere. Pianse forte, ma oltre al gatto curioso che se ne restava fermo lassù, nessun altro udì quel pianto innocente.

La gente avrebbe fatto festa per tutta la notte. I suoi amici sarebbero scesi per la strada agitando la bandiera dell’Italia, intonando i cori che lui sentiva sempre a novantesimo minuto. Ma quella sera, la sera del Mundial, nessuno avrebbe pensato a lui…

Noi formiche ricordiamo… i tuoi amici no!

Alessandro “spillo” Altobelli segnò il terzo gol, e le urla provenienti dal televisore di Bruno gettarono Paolino nel panico.

E’ finita! Tre gol non si recuperano neanche al campetto della chiesa!

Paolino piagnucolava, mentre con le poche forze rimastegli cercava invano di scalare il pozzo. Cadde per l’ennesima volta e per l’ennesima volta sputò grumi di sangue. A quel punto non gli rimase altro da fare che aspettare la fine. Di lì a poco Bruno sarebbe arrivato e Dio solo sapeva quale crudeltà avrebbe partorito quella mente malata.

– Merda! – imprecò Bruno. La Germania aveva appena segnato il classico gol della bandiera, ma a Paolino l’eco di quella bestemmia non fece né caldo né freddo: era finita comunque…

Noi formiche torneremo con il nostro acido! Le formiche sono tue amiche… i tuoi amici no!

Le parole cariche di emozione di Nando Martellini risuonarono nel buio della notte: campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo! Alle orecchie di Paolino quelle stesse parole si tramutarono in una terribile sentenza: sei morto, sei morto, sei morto!

Paolino attese. Altro non poteva fare.

Le formiche sono tue amiche, i tuoi amici no!

Improvvisamente fu investito da un liquido freddo. Paolino, sempre più spaventato, cercò di ripararsi il volto con le mani, ma quella roba gli bruciava gli occhi. Poi, passandosi la lingua sulle labbra, riconobbe il sapore del liquido: era vino!

A quel punto volse il capo verso l’alto e lassù, sull’orlo del pozzo, vide la pingue figura del suo carnefice. Bruno era lì. In una mano reggeva una bottiglia capovolta, mentre nell’altra stringeva una seconda bottiglia vuota. Paolino non si era accorto che Bruno il matto era completamente ubriaco. La gioia per la vittoria dell’Italia, grazie alla quale la sua immaginaria divinità felina gli avrebbe ridonato la madre morta, lo aveva spinto a scolarsi mezza cantina.

– Oggi è un gran giorno, perché quando ti avrò ucciso il gatto bianco farà tornare la mia mamma!

Paolino raccolse una pietra e provò a tirarla verso l’alto con l’intento di colpire quel ciccione bastardo, ma ogni tentativo si rivelò vano. Bruno, accortosi che la bottiglia era vuota, se ne andò.

Paolino rimase col naso all’insù, aspettando...

Bruno si sporse nuovamente sull’orlo del pozzo, ma nello stato in cui versava non si accorse di commettere un errore. Mise un piede in fallo e cadde pesantemente all’interno del pozzo, atterrando a pochi centimetri da Paolino. Per alcuni istanti non accadde niente. Vittima e carnefice si scambiarono sguardi increduli. A quel punto Paolino raccolse una pietra e senza pensarci due volte lo colpì alla testa.

Tu non sei come le formiche… tu non hai l’acido che può salvarti dai ragni…

Paolino lo colpì con tutta la forza che aveva: una volta, due, tre. Poi, certo di averlo finalmente ucciso, si sedette contro la parete del pozzo e rimase lì, a fissare il corpo inerme del matto.

In lontananza si udivano i suoni di clacson festosi. L’Italia era campione del mondo e si doveva festeggiare...

Quando una settimana dopo, il maresciallo dei Carabinieri della stazione locale si affacciò sull’orlo del pozzo, l’anziano sott’ufficiale non seppe trattenersi dal vomitare. Nessuno sarebbe stato in grado di descrivere ciò che i suoi occhi avevano visto. Paolino era seduto accanto a un ammasso informe di carne putrescente, sommersa da nugoli brulicanti di formiche. Dalla sua bocca, imbrattata di sangue raffermo, fuoriuscivano sciami di piccole creature che sgambettavano in ogni direzione. Dal fondo del buco saliva un lezzo insopportabile. Laggiù sembrava aver preso forma una vomitevole rappresentazione della morte, in mezzo alla quale, Paolino giaceva immobile. Sul volto gli era comparso un dolce sorriso, quasi a dire che lui, un bambino di soli undici anni, era contento di trovarsi lì, felice di essere diventato amico delle formiche.