I ragni amano nutrirsi d’insetti, ma odiano le formiche. Quando una formica cade inavvertitamente nella tela di un ragno, il piccolo imenottero secerne una sostanza corporea chiamata acido formico, che risulta essere molto irritante per ogni aracnoide. In questo modo il ragno è costretto a recidere la tela, donando nuovamente la perduta libertà alla piccola formica…

A Paolino erano tornate alla mente le parole e le immagini di un documentario della Rai, visto alcuni giorni prima…

Le formiche sono fortunate… anch’io voglio avere un acido in grado di farmi tornare da mamma e papà – sussurrò il ragazzino, osservando le brulicanti colonne di formiche che serpeggiavano veloci sulle umide pareti del pozzo. Affascinato dalla metodica operosità delle piccole creature, Paolino volse lo sguardo verso l’alto e lassù intravide una fetta di un caldo tramonto estivo del 1982.

Invece nel pozzo maledetto faceva un gran freddo, sebbene quella fosse un’estate davvero calda.

A quella ora del giorno il sole era stanco di abbrustolire la campagna Reggiana. Di lì a pochi minuti, l’astro luminoso si sarebbe arreso lasciando il posto all’afosa oscurità notturna…

Silenzio… nessuno in giro e nel pozzo la notte era fredda, fredda e brulicante di formiche.

Mancava poco all'inizio della partita. C’era l’Italia in finale e chissà se qualcuno avrebbe pensato a un bambino di soli undici anni, abbandonato in un fetido buco di campagna.

Le formiche hanno metodo. Le formiche conoscono il significato della parola amicizia… ne sono certo.

Paolino era stranamente affascinato dalle formiche. Le osservava continuamente: d’altronde non c’era molto altro da fare il quel fetido buco nella terra.

Nessuna formica abbandona il compagno.

Se eri una formica non avevi paura, ma se eri un bambino tradito da quelli che avevi ritenuto essere i tuoi migliori amici, se eri un bambino caduto nella tela di un ragno, allora di paura ne avevi da vendere.

Paolino non avrebbe mai voluto seguire Bruno, ma sapeva che a Bruno non gli si diceva di no; perché a un tuo rifiuto avrebbe reagito nell’unico modo che conosceva: rompendoti i coglioni per il resto della tua adolescenziale esistenza. No! Bruno era Bruno, e se volevi vivere tranquillo dovevi assecondarlo. Certo, gli amici di Paolino, Pezza, Gaspare e Zanna avrebbero dovuto aspettarlo! Invece nessuno di loro si era fermato e nessuno di loro aveva visto Bruno.

Già… Bruno…

– Ho comprato una televisione nuova, nuova! Una di quelle con il telecomando, così non devi più alzarti per cambiare canale! Vuoi vederla? – gli aveva detto il Bruno, sbucando all’improvviso da una macchia di arbusti. Trovandoselo di fronte, Paolino era rimasto come paralizzato. In paese aveva sentito parlare del figlio matto della Cesira, del più insopportabile rompipalle del creato. Ma quella era la prima volta che lo vedeva da vicino.

– Mi piacerebbe, ma devo tornare a casa per l’ora di cena … – gli aveva risposto, con tutta l’ingenuità dei suoi anni. – E poi quei bastardi dei miei amici non mi hanno aspettato e adesso dovrò correre per raggiungerli! Magari un'altra volta, eh?

Sulle prime Bruno era rimasto immobile, ma un secondo dopo aveva colpito il ragazzino con un grosso bastone comparso dal nulla. Paolino non si era reso conto di ciò che gli stava accadendo. Di colpo tutto si era fatto scuro, silenzioso e stranamente tranquillo…

Bruno Balzani era un ragazzone robusto, dallo sguardo perennemente perso nel vuoto, accompagnato da una raccapricciante bavetta bianca che gli inumidiva costantemente gli angoli della bocca. E poi puzzava, cavolo! Un fetore insopportabile di sudore stantio. Il matto, lo chiamavano. Viveva in aperta campagna, in una vecchia casa colonica costruita accanto a un canale di scarichi industriali. A causa di quel chimico fiumiciattolo, la casa del matto era stata ribattezzata dai ragazzini della zona “il regno della merda”.