Stamattina per l’ennesima volta è uscito sbattendo la porta. Il rimbombo è arrivato fino alle stanze vuote del piano di sopra.
“sei pazza, basta non ti sopporto più. Mi chiedo che cazzo ho fatto nella vita per meritarmi una come te”
A sentirlo parlare in questo modo, mi viene da ridere. Ma sto bene attenta a non farlo davanti a lui.
Una volta mi sono permessa di tenergli testa, gli avevo urlato che era stato lui a ridurmi così.
Mentre urlavo, era in bagno a farsi la barba. E’ bastato un attimo e mi ha lanciato lo sgabello. Quello pesante con i piedi di ferro. Mi è arrivato dritto in faccia. In ricordo mi ha lasciato una cicatrice che scende dall’angolo destro dell’occhio fino all’altezza della bocca. Avevo cercato di pulirmi velocemente la ferita, non volevo mostrargli il mio dolore. Ma non ho fatto in tempo, il sangue usciva a fiotti e come se non bastasse, la manica della vestaglia si era inzuppata di sangue. A quel punto ho lasciato che le lacrime mi scorressero per tutto il viso. Ho preso del cotone e una garza bianca, l’ho stretta attorno al braccio e sono rimasta immobile finché il sangue non si è bloccato.
Che mio marito fosse un violento, non l’avevo capito subito. All’inizio del matrimonio, pensavo che la sua gelosia fosse un eccesso d’amore. Mi resi conto che le cose non andavano bene solo dopo la nascita dei nostri due figli. Ha cominciato a farmi scenate ogni volta che uscivo. Bastava che andassi al market sotto casa ed erano urla diceva che non sapevo gestire i soldi. A poco a poco le urla diventarono botte e così smisi anche di fare la spesa.
D’altronde i bambini qualcuno doveva pur seguirli.
Adesso i miei ragazzi hanno più di vent’anni e io non esco di casa da quando loro frequentavano le scuole elementari. Sono anni che non hanno più bisogno del mio aiuto, ma lui continuava a dirmi che non potevo allontanarmi da casa. Tre uomini in famiglia hanno bisogno della presenza costante di una donna.
Inizialmente piangevo e mi ripetevo che non era giusto. Poi invece mi sono talmente abituata alle mura della mia casa che adesso l’esilio dal mondo non è più un problema.
Quando la mattina sono sola, prendo la bottiglia e bevo Cynar, a piccoli sorsi. Mi piace il gusto amaro che mi lascia nel palato. Mio marito si è accorto che bevo, ma fa finta di nulla, anzi è lui che compra il Cynar, appena ho finito una bottiglia trovo subito l’altra. La mette dentro la credenza, nello sportello in basso a destra. Io sono contenta, perché significa che è attento nei miei confronti.
Il Cynar e la televisione sono tutta la mia vita.
Con il passare degli anni, nessuno viene più a farmi visita, anche le vicine di casa si sono allontanate. I suoi parenti a casa nostra non vengono mai. Però mia suocera è gentile, da quando ci siamo sposati ci ha sempre fatto il regalo per Natale, a noi e ai bambini. E addirittura il giorno del mio compleanno mi telefona per farmi gli auguri. Non se l’ha mai dimenticato.
A volte mio marito a pranzo mi versa del vino, ma io non lo bevo. Preferisco il sapore del Cynar, sono così affezionata a questo liquore da non poterne fare a meno. Quando vede che lascio il bicchiere del vino pieno, mi guarda e sorride.
“Eh monella lasci il bicchiere del vino pieno ma poi ti scoli l’intera bottiglia” lo dice con un sorriso sarcastico.
Io non rispondo. Abbasso la testa e guardo dentro il mio piatto.
Adesso i ragazzi sono indipendenti. Mi ritengo fortunata ad avere una bella famiglia.
Vittorio sta fuori casa tutto il giorno, è un ragioniere della banca Commerciale.
Gianni invece per certi versi mi somiglia. Esce poco di casa. Ma non mi dà fastidio, trascorre buona parte della giornata in camera sua. Spesso non viene neppure a tavola con noi.
Una volta sono entrata in camera per puro caso e l’ho trovato che lucidava degli oggetti di forma cilindrica. Ne ho preso uno in mano, stando attenta a non farlo cadere.
Gianni mi guardò e fece un discorso strano, capii che ci teneva molto a quegli oggetti. Ogni tanto li toglieva fuori dalle scatole e li puliva con un prodotto speciale. Mi ha anche detto che un giorno ne avrebbe fatto sfoggio, con quei giocattoli tra le mani non aveva paura di nessuno. Anzi sarebbero stati gli altri ad aver paura di lui. A quanto pare se sono ben assemblati e hai una buona mira, possono anche uccidere.
Tutto è iniziato una serata d’inverno. Gianni aveva preso l’abitudine di uscire la notte, tornava la mattina presto. Passava in cucina per prepararsi un caffè veloce e poi tornava a chiudersi in camera.
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