Ernesto schiacciò la sesta sigaretta nel posacenere, gettò uno sguardo pessimista verso l’ingresso del Kissing Devil e scosse la testa.

In quella Punto modello congelatore non avrebbe resistito a lungo, con una sola Marlboro ancora nel pacchetto, ma Cristo!, da lì non poteva proprio muoversi: rischiava di perdere il suo uomo e di aver sprecato una nottata intera per niente. Doveva resistere.

Bestemmiando la Madonna cominciò a smanettare con la radio: gli arrivarono lamenti spacciati per canzoni etniche e frastuoni da rave-party, neanche un deejay sfigato che gli tenesse compagnia. La spense nervoso e guardò l’orologio. Le tre e quaranta.

Mauro Vallini uscì dal locale solo verso le cinque.

Trentasette anni, abbronzatura perenne e faccia da coglione, l’attore si diresse verso la sua Alfa 147 rosso fiammante.

Ernesto prese il Machete posato sul sedile del passeggero e schizzò fuori dalla Punto.

L’aria gelida lo sferzò, una scudisciata d’inverno in piena faccia. Lui s’ingobbì leggermente incassando la testa nelle spalle e s’avviò a passi rapidi verso il suo obiettivo, tenendo il braccio destro disteso lungo il corpo, le dita strette attorno all’impugnatura d’argento lavorato del machete.

Vallini camminava a qualche metro di distanza, muovendosi come se stesse interpretando una parte: schiena dritta, petto in fuori, mani in tasca, capelli al vento.

“Io sono ricco, io sono bello, io sono Mauro Vallini!” pareva dire col suo portamento arrogante.

“Un divo del cinema del cazzo” pensò Ernesto, mentre gli si avvicinava in silenzio, col machete che gli batteva sulla coscia con lo stesso ritmo ossessivo di una goccia d’acqua che cade da un rubinetto che perde.

Oltre l’angolo, la stretta traversa in cui l’attore aveva parcheggiato era deserta. Un solco tra due palazzi vecchiotti su cui si affacciavano saracinesche chiuse.

Ernesto prese un respiro profondo e accelerò il passo. Era a meno di dieci metri dalla preda, con la testa già a quello che sarebbe accaduto di lì a poco, quando una ragazza sbucò fuori dal nulla.

Alta attorno al metro e settanta, capelli scuri, lunghi e lisci, magra, molto carina. Un sette e mezzo, forse pure otto.

— Scusi, ma lei è Mauro Vallini? Voglio dire, cioè, è proprio lei? Oddio che emozione! — Si torceva una ciocca di capelli con due dita della mano sinistra, mentre guardava Vallini estasiata, manco fosse stato un essere mitologico.

Ernesto si bloccò, bestemmiò santi a caso e s’infilò in una cabina telefonica.

Quel fuori programma proprio non ci voleva.

Dalla sua problematica postazione sentì l’uomo esordire con la sua voce suadente: — Sì, sono proprio io.

Manco fossi Marlon Brando! Mandala a fare in culo, stronzo!

— Sa — riprese la ragazza — io la vedo sempre in televisione. Non mi perdo una puntata di Tecniche Anticrimine!

E solo una cretina come te se la poteva guardare quella serie di merda!

— Mi fa piacere. È un progetto che mi sta dando delle grosse soddisfazioni. — Vallini pronunciò quelle parole come se ci credesse davvero, anche se la fiction in cui recitava era stato probabilmente il più grosso flop della stagione televisiva.

Quando si sentì dire: — Secondo me lei è il più bravo in assoluto — gratificò l’ammiratrice con un sorriso smagliante che andava da un orecchio all’altro.

— Be’, ci sono dei colleghi molto validi e con più esperienza di me che sicuramente meritano anch’essi il consenso del pubblico. Però, ritengo lo stesso d’aver dato un certo contributo al successo della serie. Senza essere presuntuoso posso dire che da quando sono entrato a far parte del cast abbiamo aumentato lo share di quasi mezzo punto, e il picco di contatti nell’ultima puntata è stato registrato nel momento in cui ho estratto la pistola per bloccare lo spacciatore. — Sottolineò quell’acuta osservazione con un altro sorriso.

La ragazza sorrise pure lei, e annuì convinta, come se avesse appena sentito Nelson Mandela lanciare proclami contro l’apartheid.

A Ernesto stavano cominciando a girare le palle.

— Non vorrei farle perdere tempo, cioè, lo so, è tardi, ma come dire, oddio, lei è così… bello! Davvero, dico.

Ma tu sentila, questa rimbambita!

Vallini provò a fare il modesto. — In effetti è un complimento che mi fanno molte donne, senza presunzione.

No-oh! E quale presunzione!

— Però è un piacere sentirselo dire da una ragazza tanto affascinante. — Le scoccò uno sguardo ammaliatore e non le diede tempo di riprendere fiato.