C'è sempre qualcuno che guarda.
Nascosto dietro una tenda. Seduto su una panchina in penombra. Dentro una macchina parcheggiata.
Gli occhi sono ovunque e dove meno te lo aspetti. Per questo amo uccidere di giorno, perché io e chi guarda abbiamo lo stesso vantaggio: posso essere visto, ma posso vedere anch'io e porre rimedio.
Come quando ammazzai Beppe “il ripetitore”. Scelsi un mezzogiorno di metà agosto, con un sole così arrabbiato da infilare i suoi raggi incandescenti in ogni poro vaporizzando il sudore. In quell'agosto non si sudava, si aveva solo troppo caldo. Se vi è capitato di mettere la mano su una griglia di barbecue, capirete cosa intendo. Il dolore e il caldo arrivano contemporaneamente occupando a spallate tutti i nervi. Non c'è posto per altre sensazioni, solo per l'unica conseguenza: l'urlo.
E Beppe “il ripetore” gridò forte. Io mi feci a strisce rosse e bianche il palmo della mano, perché quell'imbecille si mosse prima di finire con il naso nella griglia arroventata. Le righe di metallo nero gli sciolsero gli occhi, e le labbra sfrigolarono e si gonfiarono come salsicce piene di grasso. Non so se morì per il forte dolore o per lo spavento. So solo che quella grigliata nel giardino di casa gli costò ben più del vizio di fare nomi scomodi. “Il ripetitore” fu il nomignolo che gli era stato dato solo due giorni prima da Quelli che mi avevano mandato a fare il lavoro. Beppe non ebbe neanche il tempo di sapere di avere un soprannome; per quanto uno simile più che una reputazione, dava un'infamia.
A metà agosto, nel paese di Beppe, c'ero io, lui, il sole, qualche grillo che aspettava la notte e una o due api. E la sua vicina di casa.
La vidi mentre l'urlo di Beppe si affievoliva in qualcosa che ricordava la pietà. Si trovava oltre il recinto che separava i giardini adiacenti, dietro una finestra della sua villetta, al fresco. Il viso spiccò sullo sfondo buio della stanza come quello di un'annunciatrice del telegiornale. Ovviamente non stava ridendo ma nemmeno era terrorizzata. Stava lì a guardare il suo vicino morire senza battere ciglio. Era vecchia. La pelle del viso era una grattugia di rughe e nel naso le entravano due tubicini di plastica trasparente.
Scavalcai la bassa recinzione ed entrai nel suo giardino. L'erba mi arrivava al ginocchio frusciando sui pantaloni mentre mi avvicinavo.
La vecchia arretrò come se procedesse sui binari di un treno. Quando fui più vicino mi accorsi della sedia a rotelle motorizzata. Feci in tempo a vedere la piccola bombola d'ossigeno, prima che la vicina trovasse rifugio nella penombra dell'appartamento. Il riflesso della finestra chiusa ci mise del suo, e la vecchia divenne solo il vivo baluginio degli occhi e quello più tenue della plastica dei tubicini.
Picchiai due volte col dito sul vetro. Mi parve fragile, una lastra sottile che separava la luce dal buio. Misi le mani ai lati delle tempie e mi appoggiai alla finestra per vedere meglio.
– Che c'è? – Gli occhi della vecchia brillarono. La voce arrivò nasale e sorda dietro il vetro. Mi sembrava di ascoltarla attraverso un imbuto.
– Ho ucciso Beppe, laggiù... – Mi girai per indicarle il punto.
– Ti ho visto. Gli occhi funzionano ancora bene.
La vecchia arretrò ancora, lasciandosi avvolgere dall'oscurità.
Il sole, alto sopra di me, si divertiva a far piovere mazzi di aghi caldi che si infilavano tra i capelli cuocendomi la testa.
– E devo anche portarlo via – le dissi.
– Io non ti posso aiutare. E poi potevi ucciderlo in un altro modo.
Risi. Mi toccai la nuca bollente.
– In che modo?
– Ma che ne so! Un colpo in testa. Intendo con una rivoltella. E proprio qui dovevi ucciderlo? – chiese con voce piccata.
– La polizia è roba di Quelli che mi mandano. Potevo scegliere posto e luogo senza problemi.
– Se lo facevi di notte, mentre dormivo, sarebbe stato meglio.
– Preferisco alla luce del sole, quando posso vedere gli spioni.
– Ottantasei anni e respiro da una bombola. Vuoi che mi metta a chiamare la Parodi al TG5?
Quella vecchia mi piaceva. Non c'era paura in quella voce al buio.
– I vecchi vedono tanta televisione.
– Domani potrei essere morta.
– Meglio oggi, no?
– Se la polizia è roba di Quelli, di che ti preoccupi?
– Della Parodi.
Il sole mi stava bruciando la camicia. I fili d'erba tra le gambe mi sembravano fiamme verdi di un inferno surreale e la vecchia un'anima nera da mettere a morte.
– Lo sai che ti devo ammazzare, vero? – Aggiunsi. Mi grattai sotto il gomito.
– E tu lo sai che io sono al buio? – disse la vecchia.
Risi di nuovo. Stavolta più forte. Un po' d'aria s'infilò sotto la camicia e il sole bruciò di meno.
Quando scavalcai il recinto, stavo ancora ridendo.
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