E chi se lo scorda? Il portiere è rimasto in piedi come un cretino, con le gambe aperte e le mani puntate verso terra, tra le ginocchia; sembrava che volesse fare come nei cartoni animati, che si chinava a guardarsi indietro con la testa infilata tra le gambe, a vedere la palla che entra in rete tranquilla.

"Poveraccio" fa l'Aquilotto "gli ho fatto un bello scherzo, l'avranno preso per il culo per un mese" poi scuote la testa e si rimette a fissare il bicchiere ma adesso ha lo sguardo stanco. Chissà cosa ci vede dentro, dopo un po' muove di nuovo la testa, poi mi guarda. "Basta con queste stronzate, è roba vecchia, un secolo fa. Ti ringrazio per il bianco, ma è meglio che vada ora". Mentre si alza barcollando un po', in fondo ha settant'anni sulla schiena e tre bicchieri in corpo, mi fa un cenno con la mano, una specie di saluto, una cosa appena accennata. Forse è timido, o forse non riesce ad alzare il braccio più di tanto.

Lo vedo inquadrato nella porta del bar di Ernesto; quando esce per strada si guarda intorno e non è più lo sguardo dell'Aquilotto, è solo un vecchio che ha paura che una macchina lo prenda sotto. Attraversa, poi scompare verso sinistra, risucchiato dalla luce gialla e polverosa del pomeriggio.

È strano, forse è entrato nel bar per farsi un paio di bicchieri in pace e io l'ho costretto a ricordare la sua ultima partita, l'ultimo tunnel. Non sembrava contento quando si è alzato dalla sedia, eppure per lui dev'essere un buon ricordo, dopo tutto, mica come per il portiere. A quello non l'hanno preso per il culo per un mese, come ha detto l'Aquilotto: non hanno mai più smesso. E nemmeno tanto perché per colpa sua la squadra era retrocessa, ma per la figuraccia del tunnel; prima cominciarono a chiamarlo "il portiere col buco", poi rimase solo "il buco".

Poi, si sa come vanno a finire queste cose, specialmente in paese, la storia del buco è diventata una cosa diversa da come era nata, il calcio non c'entrava più niente. Non poteva più camminare per strada senza che lo mettessero in mezzo, gli ridevano tutti appresso, era diventato peggio dello scemo del villaggio.

Il vino gli era sempre piaciuto abbastanza, cominciò a darci dentro ancora peggio, finché il fegato non gli scoppiò dentro la pancia; gonfio come una botte, gli occhi erano diventati due sputi gialli nella sua faccia. Se ne andò vomitando tutto il sangue che aveva, e l'anima.

È stato allora che ho deciso di andarmene dal paese; non c'era più niente che mi ci trattenesse, e in fondo lì al massimo sarei potuto diventare il figlio del "buco". Per questo sono venuto in città, qui nessuno si ricorda di mio padre.

Però, penso mentre esco anch'io alla luce, adesso qualcuno c'è.

Fuori dal bar, attraverso la strada, poi prendo a sinistra. Non può essere andato lontano.