Ah, se cercate qualcuno che vi racconti balle spaziali, eccomi qua. Sono uno che le sa raccontare, le balle. A cominciare da quella dei Piccolotti che invasero la Terra qualche tempo fa.
Anche se nessuno mi crede. In ufficio dicono che sono fuori di testa, al bar che non la racconto giusta, Gianna se solo ne accenno si incavola e il mio medico insiste a prescrivermi pasticche che regolarmente butto nel cestino.
Tanto che non ci credo più neanch’io, o meglio fingo di non crederci, e quando tiro fuori i Piccolotti sono il primo a scherzarci su. Però di notte non dormo e se dormo me li sogno.
Come si usa dire, tutto cominciò...
Tutto cominciò una notte di maggio di parecchi anni fa, non ricordo quanti. So solo che eravamo sotto il segno del Toro e a Gianna s’erano rotte le acque e così stavo passeggiando avanti e indietro nella sala d’aspetto, fumando una sigaretta dietro l’altra.
Erano ancora i bei tempi in cui la gente diceva buongiorno buonasera e in casi particolari si arrivava al grazie prego e negli ospedali si poteva fumare senza cartelli, rivelatori di fumo e telecamere che spiavano cosa facevi.
Si mormorava che perfino in sala parto il primario cavava Piccolotti da ventri tesi come tamburi con la cicca in bocca e la cenere lunga due dita.
Fu in quell’occasione che li vidi per la prima volta, rinchiusi dietro un finestrone vetrato, in una sala che poi ho visto in X-Files e che sembrava la fotocopia dell’area 51.
Tre o quattro di questi Piccolotti se ne stavano in minuscoli contenitori trasparenti dai quali dipartivano tubi penso di sostanze nutrienti o di gas del loro pianeta natale (in origine respirano argon e neon, credo); parecchi altri se ne stavano fuori, con le loro faccine rosa tutte uguali, fintamente tranquilli, sdraiati e chiusi dalle sbarre che circondavano i loro letti. Quello delle sbarre era l’unico modo che il governo imbelle di quei tempi aveva escogitato per tenerli a bada e purtroppo si rivelò un fallimento, la prova l’abbiamo sotto gli occhi ogni giorno.
Quando mi si avvicinò una dei servizi segreti in camice bianco scopersi che qualcuno dei quartieri alti aveva deciso di assegnarmi ben due di quei parassiti. Tentai invano di rifiutarli, ma Gianna fu irremovibile. Arrivò a dare un nome a ciascuno, probabilmente per distinguerli. Fu così che Tomas e Ylenia invasero la nostra casa. E in breve fui costretto a fare debiti per fargli avere una stanza tutta per loro, che riempirono di marchingegni tipo Il piccolo Chimico e di bambole vudù. E di armi, dapprima gladi di plastica, poi pistole ad acqua per arrivare a una P38 che sembrava vera. I Piccolotti sono una razza bellicosa.
Ho avuto molto tempo per pensarci. Ho studiato le loro tecniche, i loro sistemi subliminali di seduzione, la loro violenza nascosta sotto le moine. Gianna c’è cascata, io no di sicuro.
Cominciano da subito, levando linfa vitale da quello che qualche cretino inconsapevole chiama seno materno e che in realtà sono le mammelle di Gianna, quelle mammelle che mi avevano fatto perdere la testa... allora sì che l’avevo persa veramente, so riconoscere quando sono fuori.
Mary Sheckley*, quando scrisse Dracula il vampiro, aveva ben presente la situazione. Camuffò la storia per paura di ritorsioni, descrivendo solo in parte i danni che i Piccolotti possono fare, limitandone anche gli spazi temporali. Perché i Piccolotti non hanno bisogno di notti di luna piena, per fare il pieno: loro lo fanno a tutte le ore, anche se devo dare atto alla Sheckley che di notte ululano di più.
E lo fanno senza denti. Che quando gli spuntano, allora sì che sono dolori. Di notte stai ben attento a non raggiungere la fase REM, perchè sai che se solo la sfiori il Piccolotto te la fa pagare. E questi denti appuntiti, che quando gli cadono viene il topolino... ma bisogna essere ciechi, per non vedere che il topolino è solo il simbolo di un altro topolino, quello con le ali che vive in Transilvania e che la Mary ha descritto così bene.
Da vampiro a lupo mannaro il passo è breve. Quando gli (o le) spuntano i primo peli, sul labbro superiore o sotto le ascelle o sul pube - ma quello lo tengono ben nascosto, sanno che ti insospettiresti - ti hanno già dissanguato, zainetti firmati e libri di scuola e telefonini. Non contenta Ylenia verso i tredici anni mi faceva trovare il bidet sporco di sangue. Cosa voleva dirmi, non lo so ancora: so solo che mi odiava come solo un Piccolotto che si sente scoperto può odiare.
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