Ecco. Ecco. Si.

Distinse appena i rumori. Scricchiolii e fruscii di qualcuno che attraversava la siepe sul retro, poi dei passi sull’erba un po’ secca. Sentì il peso della pistola aumentare, e l’arma muoversi nella sua mano.

Che mi succede? È scivolosa questa maledetta pistola. Sarà troppo unta? No, no; è il sudore. Calma.

Guardò fuori dalle finestre. Il lago e la notte erano un’unica massa nera. Dalla parte opposta saliva una parete scura, ripida; solo un po’ di luce spioveva dalla cresta irregolare delle cime.

C’era anche la luna stasera, molto tempo fa. Dov’è adesso? Sarà andata a farsi un giro da qualche altra parte. Meglio così. Forse.

I passi continuarono, raggiunsero la terrazza sul retro. Leggeri, sicuri. È un esperto, chi lo sentirebbe? Solo un insonne. Un insonne qui, vicino, nella casa. Uff, che lunga questa notte.

Un gemito leggero. Il cigolio della portafinestra forzata. Passi leggeri nel grande salone, inghiottiti a tratti dai tappeti. Rumori di mobili spostati piano. E uno scricchiolio improvviso, lamentoso. Netto nel silenzio della notte come un lampo nel cielo notturno. Ti colpisce come uno sparo. Calma, non scherziamo.

Si, ma quello non è un professionista, è un idiota. Sembra lo faccia apposta. Cosa vuole, che scendiamo a vedere chi ci sta rubando in casa?

Silenzio. Nessun altro rumore nella casa. Che lunga, che lunga.

Riprende a muoversi, l’idiota. Eccolo, si, ora esce dal salone. Va nel bar sul davanti dell’albergo. Lo si sente muoversi appena, a tratti. Ora frugherà nella reception. Fanno tutti così. Cioè, l’ha fatto l’altro ladro, saranno tre o quattro anni fa. E l’altro ancora. Quanti anni saranno passati dall’altro?

Mah, chi si ricorda.

Si spostò piano in modo da sbirciare dalla finestra, attraverso il velo della leggera tenda. Nessun riflesso di luce a riflettersi sul cortile davanti. Già, logico. Potrebbero vederlo dalla strada. Non passa quasi nessuno in questa stagione, ma non si sa mai. Nemmeno l’ombra di una luce, però: come ci vede? È proprio un professionista. Ma se non trova niente dabbasso, verrà qui, al piano di sopra? E quando?

Quanto ci mette. Non ce la faccio. Vorrei fare qualcosa, muovermi, camminare, correre. Che lunga, questa notte.

Eccolo. È tornato nel salone. Ora cosa farà? Si avvicina alla scala. Non si sente più niente. Ah si, per forza. C’è il tappeto sulle scale. Sta salendo?

Il chiarore alle sue spalle aumenta. Oltre le tende tirate è tornata la luna. Meglio mettersi lontano dalla finestra, potrebbe vedere la sagoma. E via dal raggio della porta, il panforte scadente non fermerebbe certo una pallottola. Ahi, piano, sto facendo rumore. E lui deve essere vicino. Si, lo sento, ecco. I passi sul pianerottolo. La porta che si apre.

BANG!

Lo sparo squarciò il buio e il silenzio.

BANG!

Un altro, come un’eco. Gli sembrò vagamente superfluo, con la botta del primo ancora nelle orecchie.

Si rizzò a sedere su letto e strinse la pistola, anche se ormai era inutile.

Ecco. È finita. Quella puttana. Ha avuto quello che si meritava.

Ma un momento. Momento. Sembra troppo facile. Purché non l’abbia ucciso lei, invece. Ne sarebbe capace. Lo so che ha una pistola; magari la sa anche usare.

Urlò oltre la porta chiusa: - Chi è? Andatevene, ho già chiamato la polizia!

- Sono io, signor Bianchi. È tutto a posto. Tutto come avevamo detto.

Bianchi aprì la porta e sporse la testa nel corridoio buio.

- Ah si. Bene. Quella puttana. Ha finito di fare le corna al sottoscritto. Adesso esco dalla camera, tutto bene. Poi controlliamo tutta la messinscena come avevamo detto, tracce posizioni e tutto. Poi te ne vai, ti dò cinque minuti e poi chiamo la polizia.

- Bene, signore.

- Eccomi. Aspetta, non si vede niente in questo corridoio.

- Venga di qua signor Bianchi, da questa porta arriva un po’ di luce. La signora è qui.

- Eccomi. Dov’è quella gran vacca. Non le bastava godersi i miei soldi, ah no. Doveva sputtanarmi di fronte a tutto il paese. Andiamo via da questo paese di merda, diceva, vendi l’albergo. E intanto mi faceva le corna. I soldi li abbiamo fatti, diceva, anche i figli sono andati via, andiamocene. Facile a dirsi. Come se a me piacesse stare qui. Cosa credeva? Che mi diverto? Resto per i soldi, cacchio. Eh? Ti pare? Cosa credeva?

Perché devo raccontare i fatti miei a quell’estraneo? È solo uno che ha fatto un lavoro per me. Un dipendente, ne ho avuti tanti...