Della foto mi colpisce subito il tuo sorriso. Gli occhi lucenti e i denti bianchi. Perfetti. Le labbra abbracciano il mio sguardo e lo perdono in un vortice di sensazioni. La dolce fossetta sulle tue guance crea una leggera ombra nei miei pensieri. I capelli accarezzano la pelle del tuo viso in curve lunghe e vaporose. Ti amo come sempre. Respiro la tua armonia galleggiando tra i petali delle tue guance.
L’ovale del tuo viso è l’orizzonte del mio sguardo.
Le sopracciglia disegnano di soffice colore le tue palpebre. Gli occhi sono punti scuri e profondi nell’iride acquoso, nel nitido bianco latte che affoga il mio sguardo nel tuo. Recinti di ciglia scure catturano la mia mente e la rilasciano spossata. Mi guardi dalla lucida carta patinata e mi sento mancare. Mi attiri tra i tuoi colori e le tue tenere anse.
Scivolo sulle linee delicate del tuo viso. Vengo raccolto tra le labbra cornice rossa e calore, gocce di saliva luccicano sulla lingua carnosa, nascosta nel buio della bocca.
Mi perdo.
La mia esistenza si scioglie in una macchia umida e gocciola via, scende con i tuoi capelli fino al collo pallido. Mi spando sulla pelle nuda. Scivolo senza respiro fino alle spalle e scolo nell’incavo depilato di una ascella. Affogo lo sguardo sulla pelle lucida fino al seno. Chiaro splende appanna offusca.
Bianco. Mi perdo.
Il tuo corpo è un oceano rosa con ombre umide e velate.
Dal collo l’ombra del viso si scioglie sul petto fino a scomparire nella trasparenza della pelle. Sul risalire del seno si arrotonda il colore e riluce fino ai capezzoli larghi. Si addensa di nuovo sotto la consistenza sinuosa della mammella. Il mio sguardo risale ad accogliere la sua interezza con le sue lievi sfumature.
Giro la foto tra le dita e raccolgo le altre immagini sparse sul letto. Nella stanza silenziosa le foto brulicano di colori sulle lenzuola sudate. Prendo una foto a caso e cadono i miei occhi sul tuo fianco. Respiro a fatica. Mi verso come latte sull’addome rosa e gorgoglio sulla carnagione pallida. Galleggio tra le onde dell’epidermide rosata. Tra gli affossamenti e le protuberanze delicate intuisco la presenza delle ossa bianche che le provocano.
Una leggera nausea mi stringe la gola. Si raggrumano neri i pensieri nell’ombelico. Un piccolo gioco scuro in cui la pelle si annoda.
Ti amo come sempre. Anche se non sei più. Ti rivivo nelle tue foto. Mi manca il tuo respiro opaco oscuro trasparente. Non sei più, non esisti se non ancora in queste foto. Una calda goccia si allarga nell’occhio e appanna la tua presenza. Gocciola sulla carta che ti racconta e si spande sul tuo corpo. Lo sguardo scivola sulla tua schiena lucida di sudore e risalendo sulle natiche piene scopre un ventre maschile dietro di te.
In ogni foto c’è qualcuno con te e non sono io. Figure che si sovrappongono e si stringono tra loro. Corpi maschili sempre diversi e tu rosa dispersa tra loro.
I miei pensieri gocciolano sulle immagini e si deformano. Mummificano in ricordi rattrappiti di grinze e cartavetro. Scorgo la grana fibrosa che la carta patinata nascondeva. Chiazze nere si addensano tra le vostre carni, pozzanghere di buio negli incavi dei corpi. Tutto si trasforma con dolore in distinte informazioni anatomiche. Come quando studiavamo insieme Medicina... gli occhi si posano sull’epidermide porosa che ricopre l’area glutea. Piccoli punti neri segnalano le cuticole mal recise intorno al pube. Strutture tubolari avvolte a gomitolo secernono il sudore che rimanda macchie chiare e lucenti ai miei occhi. Il tuo rafe perineale spinge verso il tessuto spugnoso ed erettile dalle numerose terminazioni nervose. Il canale muscolomembranoso cilindrico, appiattito, scompare alla mia vista, nascosto dalla presenza della tunica albuginea che avvolge l’epididimo e la sua rete di tubuli con andamento serpiginoso. Il solco coronario si appoggia al tuo perineo. Le formazioni filiformi di cellule cheratinizzate si addensano nelle zone genitali. La tua carne ferisce il mio sguardo e lo stringe a morsa. In un’immagine il bordo libero di un prepuzio rivolto verso il solco balanoprepuziale viene sfiorato dal tuo arco glossopalatino. In altre foto l’areola si schiaccia sui nervi digitali palmari. L’orifizio del dotto galattoforo occluso dalla pressione dell’epidermide altrui...
Cerco di distogliermi da te. Da voi. Dalle foto. Dalle immagini di quei corpi ormai estranei. So che non sei viva. Il tuo corpo vomitato verso il pavimento allarga una rossa macchia sulle lenzuola. Qui davanti a me.
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