Enrico decise di cancellarlo. Con gesti frenetici, preparò i colori, lavorò con accanimento per un'ora. Alla fine, nello specchio ovale, si rifletteva sempre il piccolo tavolo ma con il ripiano completamente libero da qualunque oggetto. Il telefono era scomparso, svanito nel colore grigio della parete della stanza.
Dimenticando la luce accesa, Enrico scese nel bar sottostante, si avvicinò al telefono, con mano tremante compose il numero del suo studio, aspettò con ansia lo scorrere dei primi tre squilli e l'arrivo del quarto: a questo punto, nelle due telefonate precedenti, la voce aveva risposto.
Il telefono continuò a suonare per lunghi interminabili minuti, Enrico rimase con la cornetta in mano, ad ascoltare l'inutile richiamo dell'apparecchio: eliminando dal quadro il telefono, aveva tolto all'uomo la possibilità di rispondere. Avvertì una rabbia profonda contro se stesso per aver agito d'impulso. Ora rimpiangeva quella voce e l'occasione mancata di poter comunicare con l'uomo, creato da lui stesso.
Fuggì dal bar e risalì nello studio con la ferma intenzione di ridipingere il telefono. La stanza era invasa dalla notte, soltanto la luce bianco latte di uno spot illuminava il quadro, isola nel buio. Ancora una volta la sensazione di una presenza. Avvicinatosi al quadro, Enrico scrutò il volto dell'uomo: negli occhi lo stupore aveva lasciato il passo al terrore disperato di una solitudine senza scampo.
Enrico notò che la mano sinistra dell'uomo era sospesa in aria, come se avesse tentato di portarla verso il viso e poi non avesse avuto il coraggio di completare il gesto. La mano destra si tendeva invece verso lo specchio, là dove prima si rifletteva il tavolino, quasi per costatare l'angosciosa scomparsa del telefono. Enrico vide che il ripiano del tavolino non era vuoto come pochi momenti prima, quando lui aveva finito di ridipingerlo: adesso, la mano dell'uomo era posata su un oggetto. L'oggetto era una rivoltella.
L'uomo stringeva l'impugnatura, senza esitanti timori.
Enrico fissò a lungo la mano, così sicuramente protesa verso un gesto ormai deciso e definitivo. Cercò gli occhi dell'uomo, fissandoli per un attimo. Si allontanò dal quadro, dolcemente, spense la luce ed uscì dallo studio, chiudendo piano la porta.
Sperando di fare in tempo a non sentire il rumore dello sparo.
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