Parlare di Parigi senza cadere nel luogo comune è pressoché impossibile: anche dal punto di vista della narrativa e della cinematografia, Parigi ha dato moltissimo a partire dai Delitti della Rue Morge in avanti.
Questa raccolta Parigi Ville Noire ci porta alla Parigi dei giorni nostri variamente raccontata da alcune delle più significative voci della narrativa francese: Dantec, Quadruppani, Raynal, Oppel, Daeninckx, Pouy, Picoluly, Reboux, Delcour, Battisti. Tutti riuniti in una riuscitissima antologia nella quale ognuno racconta un proprio punto di vista su una città che è sicuramente la città dell’immaginario poliziesco classico, della Torre Eiffel, del maggio francese e delle cartoline per turisti: ma è anche una metropoli moderna, cosmopolita, il cui tessuto urbano e sociale si modifica in modo spesso disarmonico.
Colpisce l’ottima qualità generale dei racconti.
I temi sviluppati sono molto differenti così come le ambientazioni, ma il collante che permette a questa raccolta di non avere cadute di interesse sta sicuramente nel fatto che questi autori sono stati tra gli artefici di quel processo di rinnovamento profondo della narrativa di genere e, pur mantenendo fermi i pilastri della tradizione poliziesca francese, hanno avuto il pregio storico e il coraggio di introdurre nuove tematiche e nuovi approcci grazie ai quali – oggi - questo filone letterario si è imposto con ottime ragioni in campo europeo.
Certo il punto di vista di questi autori non è mai tenero, quale che sia la storia raccontata. Così nel racconto di apertura Quando lampeggia la morte elettrica Maurice Dantec (autore tra l’altro del sontuoso Le radici del Male) Parigi, la più caratteristica delle città, è rappresentata paradossalmente dal non luogo per eccellenza – un centro commerciale illuminato al neon – dove il piccolo spacciatore di banlieue vive un’agonia allucinata.
Piccola perla di malinconia soffusa e spaventoso cinismo l’ottimo Tutti sanno dov’è, Alésia di Oppel (forse il miglior racconto dell’antologia), nel quale l’atmosfera natalizia e il filo della memoria del protagonista non preparano al finale folgorante.
Ma c’è anche la descrizione beffarda della capitolazione dei figli del maggio alle comodità dello status di rivoluzionari da salotto e gallerie d’arte, dove la variabile è rappresentata da un clochard ex compagno di lotte. Né mancano le vicende private, come quella cupissima di Il cattivo seme di Pouy, intimista e dolorosa storia in conflitto con il figlio e che contiene nel finale lo spunto per il titolo dell’antologia.
Poliziotti cinici, spacciatori, insegnanti acutissime, studenti, banditi improbabili, scrittori. Tra citazioni letterarie e cinematografiche, cartoline da agenzia e immagini da telegiornale i personaggi si muovono secondo binari diversi: il comune denominatore di questi scrittori è comunque la critica a ciò che questa città, seppur si intuisce molto amata e insostituibile, è diventata o sta divenendo. Una città dove, all’ombra della torre Eifell, si incendia la rivolta delle banlieue, il pericolo del terrorismo – reale o pretestuoso che sia – è un mezzo per il controllo del territorio, dove la speculazione edilizia snatura i quartieri.
Non per questo Parigi è meno affascinante, solo un po’ meno Gene Kelly e un po’ più metropoli del terzo millennio.
Parigi Ville Noire è un’ottima occasione per conoscere qualcosa dello stile di questi autori che, nella lunghezza congeniale di questi racconti, sanno esprimere il loro personale modo di raccontare, un modo nero e affatto consolatorio ma che – sicuramente - cattura.
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