Forse non era semplice tornare su un tema, quella della roulette russa, già consegnato alla storia da Il cacciatore.

Eppure 13 Tzameti (presentato alla 2a edizione delle "Giornate degli autori" di Venezia 2005 dove ha vinto il premio "Luigi de Laurentiis" per la miglior opera prima), del georgiano Géla Babluani, dimostra che sul tema non è stata ancora filmata l’ultima immagine.

13 Tzameti è una delle più allucinanti roulette russe che sia siano viste sino ad oggi sullo schermo: un gruppetto di disperati disposti in cerchio. Ciascuno in mano una pistola con un solo colpo nel tamburo. Al via ognuno punta la pistola sulla nuca di chi lo precede, sapendo benissimo che chi gli è spalle sta facendo la stessa cosa con lui…

All’accendersi di una lampadina si tira il grilletto…

Eliminati i primi cadaveri si prosegue, ma stavolta i colpi in canna diventano due.

La volta dopo tre.

A dirigere le operazioni di morte un arbitro appollaiato su un seggiolone (sembra di stare a Wimbledon…) mentre il pubblico che assiste alla mattanza punta colossali somme di denaro.

Ancora più allucinante è quello che accade tra un round e l’altro. Ognuno dei disperati, infatti, ha al fianco un coach pronto a farsi in quattro perché il poveretto sia pronto alla nuova tornata: uno schizzo di morfina, una pillola di filosofia (Schopenhauer per lo più…), o semplicemente un controllo a vista per impedire che quello che a conti fatti altro non è che un cadavere differito, colto dal panico fugga (si sa: the show must go on…)

 

Il risultato complessivo è di difficile descrizione: un mix al calor bianco tra morbosità (spettacolarizzazione della morte), voyeurismo (il pubblico, dentro e fuori lo schermo che assiste), casualità (il modo in cui il protagonista giunge nella casa dove si svolge la mattanza), il tutto raggelato da un B&N che pare un omaggio all’espressionismo tedesco.

Per trovare un altro film così tocca tornare a Vite vendute di Clouzot…