Non si inventa nulla se, è vero come si dice (così direbbe Raimondi Cesare), qualcuno che ci ha preceduti lo ha già fatto, e forse anche meglio. Senza epopee e fiumi di parole, con poco più di centoquaranta pagine. Questo qualcuno, manco a dirlo, è Loriano Macchiavelli, autore delle Piste dell’attentato, prima avventura pubblicata con Sarti Antonio, sergente, targata 1974.
Sei anni dopo ci sarà l’Attentato, quello vero, alla stazione di Bologna. E in questo non c’è niente di sensazionale, niente di profetico. E forse Loriano Macchiavelli sarà d’accordo: un bravo scrittore legge e interpreta i propri tempi, non è un divinatore, un profeta.
E Macchiavelli non è un bravo scrittore, di più: è un narratore di razza.
Francesco Guccini, riferendosi all’adattamento del romanzo a fumetti (disegni di Gianni Materazzo, ristampato da poco dalla Flaccovio) scrive: “Da quando questa storia è uscita nel bellissimo e purtroppo scomparso Orient Express sono passati vent’anni (più di trenta dal romanzo, NdA). Sembra non sia passato nulla, la storia coi suoi personaggi è l’Italia di ieri ma, purtroppo, anche quella di oggi. Speriamo non sia quella di domani”.
Già, speriamo. Ma sperare soltanto spesso non basta.
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