Hendra indicò a braccio teso l’oscurità che si stendeva fuori della finestra spalancata.

“E forse, da qualche là fuori, ci sono anche altri errori. Altre trasgressioni dell’Ecclesiaste. Sono andata alla loro ricerca, negli anni. Lo sapevate? Ma sì, ve l’ho detto. Ho cominciato con i vecchi sistemi: fuochi accesi nella notte, altoparlanti, viaggi in auto. Se ricordate i DVD degli anniversari precedenti, dovreste anche ricordare che non è andata proprio alla grande. Sei anni fa ho avuto quel piccolo problema con l’ingorgo nel Lincoln Tunnel. C’e mancato poco che ci restassi, nel dannato Lincoln Tunnel. Come credo di avere già detto, è un mondo grossolanamente imperfetto. O forse non l’ho detto, forse l’ho solo pensato. In ogni caso, non ho trovato nessuno. Il New Jersey è vuoto. Okay, non una gran perdita. Vuoti anche il Connecticut, lo stato di New York settentrionale, il Massachussetts. Ma il vuoto continua a non essere una risposta definitiva: il mondo è talmente grande... Per cui adesso, esattamente dieci anni dopo l’Ecclesiaste, credo di aver trovato il sistema per raggiungere tutti, ma veramente TUTTI quelli che restano. SE restano...”

Hendra si spostò di fronte al totem di apparati elettronici che torreggiava su un’intera parete dell’attico. Un labirinto tri-dimensionale composto di radio-trasmittenti collegate in serie, in parallelo, monitor di oscilloscopi, paraboloidi di trasmissione, blocchi di trasformazione elettrica. Spie luminose rosse e azzurre pulsavano in vari punti del totem, simili a fuochi fatui nutriti da un incubo cibernetico.

“Stato dell’arte della fisica dell’elettromagnetismo atmosferico, connessione satellite, completa copertura spettrale UHF/VHF. Ci ho messo sei mesi solamente per capire che differenza c’è tra modulazione di frequenza e modulazione di ampiezza. Meno male che la Biblioteca sulla 42ª non chiude mai. Un anno per trovare e mettere assieme i vari componenti. Altri due anni per collegarli e per stabilire il controllo computer. Comunque adesso è fatta. Attraverso la rete dei satelliti, questa cosa è in grado di far arrivare simultaneamente il segnale audio da Thule, Groenlandia, a Wellington, Nuova Zelanda. È in grado di connettere con tutte le radio civili e militari, con tutte le televisioni, su tutte le frequenze conosciute e sconosciute. Che ve ne pare, eh? Niente male per una ragazzina che ha finito a stento il liceo.”

Hendra allungò un braccio e premette il pulsante di potenza, mettendo in linea l’intero sistema. Dura statica eruttò dagli spekears. Era la voce dell’etere. O forse il cantico del regno degli spettri.

“Voglio che siate testimoni di questo mio tentativo. Potrebbe essere la prima trasmissione radio dal giorno dell’Ecclesiaste. Forse anche l’ultima. Comunque sia, è un evento importante... Credo.”

Afferrò il microfono.

“E in fondo, chi non vorrebbe venire nella grande, prodigiosa New York? Chi non vorrebbe cenare con la donna più bella sulla Terra...”

Hendra osservò l’unico occhio di quarzo. Sorrise di nuovo.

“... E con l’ultima donna sulla Terra?”

Le grandi tende dell’attico continuavano a muoversi, vele di una vascello fantasma nell’aria agitata.

Hendra uscì sulla terrazza, andando ad appoggiarsi al parapetto. Scrutò nelle tenebre senza fine.

“Dormono... Tutti dormono.”

Non sapeva se il microfono del sistema avesse sufficiente sensibilità acustica da poter captare la sua voce. Non ricordava nemmeno se lo avesse lasciato il sistema acceso. Non aveva molta importanza. Non in quel momento. Vuotò d’un fiato le ultime tracce di champagne dalla bottiglia ormai vuota.

“Sono io a rifiutarmi di accettarlo.”

Lanciò la bottiglia nel vuoto. Non la guardò perdersi nell’impenetrabile abisso vegetale di Central Park.

“Dieci anni... Dieci miliardi di anni”, sollevò le mani strette a pugno al cielo senza luna. “Nessun maledetto problema!”

Hendra si afferrò al parapetto. Guardò in basso, verso il fondo del baratro, verso l’asfalto pieno di crepe, disseminato di detriti. Le sue dita si contrassero attorno al marmo gelido dell’ultima barriera. Chiuse gli occhi.

“Semplice.”

La sua voce divenne un sussurro, appena vagamente percettibile nel sibilo del vento.

“Così mortalmente semplice...”

Da qualche parte nella sua mente, nella terra di mezzo tra la retina e il lobo limbico, qualcosa cambiò forma. Lentamente, molto lentamente, Hendra tornò a sollevare le palpebre. La cosa che aveva cambiato forma era ancora là. Era reale.

Luce.

In movimento.

Un faro, solitario e accecante.

Avanzava da nord lungo il canyon deserto della Fifth Avenue. Forse veniva dall’estremo confine del mondo. Forse dal più alto dei cieli. O forse dal più profondo degli abissi. Non aveva nessuna importanza da dove venisse.

La luce continuò a muoversi verso di lei.

Senza rallentare, senza esitare.

L’ultima donna sulla Terra, forse, rimase ad aspettare la nuova sfida.