Entrammo tutti e quattro. Erasmo buttò a terra il sacco nero; ne provenne un gemito soffocato a cui nessuno prestò attenzione. Eravamo tutti occupati a trovare ciò che ci serviva. Valerio seguì Erasmo e lo aiutò a trascinare nel soggiorno un pesante tavolo di legno, a smontarne i piedi e ad appoggiarlo in verticale alla parete. Vanni esaminava i chiodi uno per uno come se fossero pietre preziose e metteva da parte solo quelli che gli sembravano migliori. Leo invece stava sulla porta e con un binocolo guardava che non ci fosse nessuno che potesse disturbarci.
Vanni aprì il sacco.
Il cingalese era ancora sotto l'effetto delle droghe che Erasmo aveva sottratto alla farmacia del padre. Lo avevamo trovato in spiaggia la notte prima, in un momento in cui non aveva clienti a cui fare massaggi, e non era stato difficile chiuderlo in un sacco e caricarlo in macchina.
Lo mettemmo in piedi contro il piano di legno poggiato alla parete e gli stendemmo braccia e gambe. Vanni scelse un lungo chiodo arrugginito e lo mise in mano a Valerio. Questi lo guardò con una smorfia poco convinta.
– Sai che devi farlo – gli disse Vanni. – Lo fai per noi; per tutti noi. E lo facciamo assieme. È la guerra.
Valerio strinse il pugno sul chiodo. Guardò in basso. Deglutì; sospirò.
Afferrò il martello. Lo tenne alto sopra la testa e assaporò l'ebbrezza di stringere in proprio potere la vita di un'altra persona. In quel momento era Dio stesso che dall'alto dei cieli teneva in mano una folgore, pronto a sterminare l'umanità indegna. Tutti noi eravamo con lui. E Dio era con tutti noi.
Vibrò il colpo. Il chiodo affondò nel polso del cingalese, che urlò pur senza riuscire a destarsi dal suo torpore. Il grido continuò e poi si spense in un rantolo prolungato.
Prendemmo il martello da Valerio, che respirava affannosamente e tentava di deglutire, e finimmo il lavoro.
Quando il cingalese fu crocifisso gli spingemmo in bocca un lungo tubo metallico, avendo cura che gli finisse dritto in gola. Era ancora vivo.
Erasmo portò la gabbietta e la scoprì. Si infilò un guanto e trasse dalla gabbia il ratto di fogna tenendolo per la coda. L'animale si dimenò e squittì impaurito finché Erasmo non lo depose nel tubo metallico infilato nella gola del cingalese, un condotto dal diametro troppo stretto perché il ratto potesse girarsi e tornare indietro.
Restammo per un po' a vedere il cingalese che tentava di respirare, i suoi singulti spasmodici, i suoi ultimi istanti di vita mentre esili fili di sangue gli colavano fuori dalla bocca, il suo petto che si muoveva anche quando era già morto.
Quando uscimmo, prima di richiudere la villetta, Leo ebbe cura di girare un pomello in cucina.
Poco dopo eravamo dall'altra parte della valle, tutti e quattro stipati all'interno di una cabina telefonica lungo la statale. Dalle pareti di vetro vedevamo la villetta incastonata tra gli alberi come se fossimo al cinema.
Vanni inserì la scheda e compose un numero. Nel soggiorno, ormai saturo del gas uscito dai fornelli, scattò la segreteria telefonica. Il gas si incendiò.
La palla di fuoco travolse il contenuto della villetta, invase le strutture portanti, si propagò anche all'esterno, mentre noi stavamo dall'altra parte della vallata ad ammirare il nostro destino che diventava fiamme, impeto e realtà.
Nessuno disse alcunché. Non c'era bisogno di parole al termine di una missione.
* * *
Io c'ero anche quando il gruppo incontrò la prima minaccia seria alla propria esistenza.
Da alcune settimane eravamo tornati dalle vacanze alle Cinque Terre, le lezioni all'università non erano ancora iniziate e quindi ci si trovava tutti in una sorta di limbo intollerabile. Per arginare la noia e ritmare ancora i nostri passi da soldati avevamo deciso una nuova missione. Ne stavamo parlando al solito locale, un tavolino appartato nel privè più chic di Torino.
Erasmo diceva che dovevamo colpire più persone, Leo spingeva per un'azione eclatante di cui parlassero anche i giornali, Vanni controllava su una cartina le zone più adatte per la prossima missione. Quanto a Valerio, non smetteva di fare domande e di indicare punti sulla mappa, entusiasta come tutti per l'adrenalina che già riprendeva a scorrerci in corpo. Il liceo era terminato e avremmo avuto molto più tempo da dedicare alla nostra guerra.
La riunione fu spiacevolmente interrotta dall'arrivo di un uomo sulla quarantina. Aveva i capelli spettinati e gli abiti in disordine. Percepimmo chiaramente un certo timore da parte di Valerio.
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